MS01.2
Modalità di sostegno per la famiglia di soggetti con Disturbo Alimentare
Centro Arianna per il trattamento interdisciplinare ambulatoriale e semiresidenziale di pazienti con Disturbi Alimentari, ASL 5 Pisa (PI)
Gravina G, Paolicchi R, Pennacchi L
Premesse. Il ruolo della famiglia nello sviluppo e nel mantenimento dei DA è da tempo oggetto di studio (1). La Terapia Familiare è indicata dalle linee guida dell’APA (2006) come trattamento di scelta per adolescenti con AN e BN. Anche qualora non si attivi un percorso di Terapia Familiare (TF) in senso stretto, la famiglia è in ogni caso direttamente coinvolta nei processi evolutivi del DA e ciò impegna gli operatori a farsi carico di un approccio corretto in tal senso (2).
Il sostegno alla famiglia è un aiuto per reggere il carico della malattia, il coinvolgimento della famiglia può essere una risorsa nella cura ed è parte spesso fondamentale del trattamento del paziente con DA (3).
Aspetti metodologici. Su queste basiè possibile ipotizzare diversi livelli di intervento. All’inizio di ogni trattamento, per pazienti di ogni età, è di fondamentale importanza un accurato assessment della situazione familiare; solo in rari casi la famiglia è ben consapevole dei problemi in gioco e può da subito rappresentare un sostegno positivo nel trattamento; più spesso, per la maggior parte delle famiglie, l’informazione e l’educazione rappresentano una priorità non eludibile. Pertanto un primo livello di intervento di cui necessitano e beneficiano le famiglie di soggetti affetti da DA, è costituito da un supporto psicoeducazionale che affianchi ed integri il percorso di cura del paziente. Il supporto può essere offerto ai singoli nuclei familiari oppure attraverso interventi strutturati in gruppo, in cui siano definiti tempi, contenuti ed obiettivi del lavoro. Il lavoro in gruppo, favorevole per il possibile rinforzo che deriva dallo scambio di esperienze, può essere condotto, in momenti diversi, da diversi operatori (psicologo, medico, dietista), anche in compresenza, purché formati ed esperti nella comunicazione, capaci di far fronte anche alla negazione, e talora all’ostilità.
Obiettivi. Il ruolo degli operatori è quello di aiutare la famiglia a chiarire bisogni e risorse dei singoli membri, facilitando aspettative realistiche rispetto al percorso di cura, informando correttamente sulle caratteristiche della patologia e incoraggiando comportamenti adeguati nella relazione con il paziente.
Il focus dell’attenzione non sarà pertanto volto a evidenziare colpe o correggere errori, quanto piuttosto a: 1. rileggere i passaggi, più o meno favorevoli, del ciclo di vita; 2. gestire l’ansia e le preoccupazioni eccessive; 3. modificare le abitudini e i comportamenti inadeguati rispetto all’alimentazione; 4. integrare in senso positivo le conoscenze riguardo ai nuclei psicopatologici della malattia e all’esperienza con il cibo; 5. favorire, quando opportuno, la scelta di un aiuto personale professionale (psicoterapia o counselling).
Conclusioni. Tra un livello base, come quello prima descritto, e il setting classico della TF, vengono in genere attivati altri tipi di intervento più centrati su relazioni e modalità comunicative disfunzionali familiari. E’ spesso inevitabile affrontare tali aspetti nel corso del trattamento. E’ ovviamente necessario che ciò avvenga con la massima attenzione e che in ogni team esistano figure con formazione adeguata e specifica. Allo stato attuale dell’arte, e sulla base di esperienze consolidate a partire dal Maudsley Approach (4), sarebbe peraltro auspicabile e opportuno accrescere il focus su questi aspetti, aumentando lo studio e la riflessione a riguardo e implementando le conoscenze e lo scambio di esperienze, anche al fine di identificare e concordare indicazioni metodologiche più strutturate ed efficaci di intervento.
Bibliografia.
1. Humphrey LL (1994) “Family Relationships” In: Psychobiology and Treatment of Anorexia Nervosa and Bulimia Nervosa, Halmi KA Ed, APA.
2. Eisler I et al (2003) “Family Interventions” In: Handbook of Eating Disorders, Treasure J et al Ed, Wiley.
3. Treasure J et al (2005) “Working with families of adults with anorexia nervosa” J. Family Therapy 27, 158-170.
4. Le Grange D et al (2010) “The Role of the Family in Eating Disorders” Int J Eat Disord 43, 1-5
Modalità di sostegno per la famiglia di soggetti con Disturbo Alimentare
Centro Arianna per il trattamento interdisciplinare ambulatoriale e semiresidenziale di pazienti con Disturbi Alimentari, ASL 5 Pisa (PI)
Gravina G, Paolicchi R, Pennacchi L
Premesse. Il ruolo della famiglia nello sviluppo e nel mantenimento dei DA è da tempo oggetto di studio (1). La Terapia Familiare è indicata dalle linee guida dell’APA (2006) come trattamento di scelta per adolescenti con AN e BN. Anche qualora non si attivi un percorso di Terapia Familiare (TF) in senso stretto, la famiglia è in ogni caso direttamente coinvolta nei processi evolutivi del DA e ciò impegna gli operatori a farsi carico di un approccio corretto in tal senso (2).
Il sostegno alla famiglia è un aiuto per reggere il carico della malattia, il coinvolgimento della famiglia può essere una risorsa nella cura ed è parte spesso fondamentale del trattamento del paziente con DA (3).
Aspetti metodologici. Su queste basiè possibile ipotizzare diversi livelli di intervento. All’inizio di ogni trattamento, per pazienti di ogni età, è di fondamentale importanza un accurato assessment della situazione familiare; solo in rari casi la famiglia è ben consapevole dei problemi in gioco e può da subito rappresentare un sostegno positivo nel trattamento; più spesso, per la maggior parte delle famiglie, l’informazione e l’educazione rappresentano una priorità non eludibile. Pertanto un primo livello di intervento di cui necessitano e beneficiano le famiglie di soggetti affetti da DA, è costituito da un supporto psicoeducazionale che affianchi ed integri il percorso di cura del paziente. Il supporto può essere offerto ai singoli nuclei familiari oppure attraverso interventi strutturati in gruppo, in cui siano definiti tempi, contenuti ed obiettivi del lavoro. Il lavoro in gruppo, favorevole per il possibile rinforzo che deriva dallo scambio di esperienze, può essere condotto, in momenti diversi, da diversi operatori (psicologo, medico, dietista), anche in compresenza, purché formati ed esperti nella comunicazione, capaci di far fronte anche alla negazione, e talora all’ostilità.
Obiettivi. Il ruolo degli operatori è quello di aiutare la famiglia a chiarire bisogni e risorse dei singoli membri, facilitando aspettative realistiche rispetto al percorso di cura, informando correttamente sulle caratteristiche della patologia e incoraggiando comportamenti adeguati nella relazione con il paziente.
Il focus dell’attenzione non sarà pertanto volto a evidenziare colpe o correggere errori, quanto piuttosto a: 1. rileggere i passaggi, più o meno favorevoli, del ciclo di vita; 2. gestire l’ansia e le preoccupazioni eccessive; 3. modificare le abitudini e i comportamenti inadeguati rispetto all’alimentazione; 4. integrare in senso positivo le conoscenze riguardo ai nuclei psicopatologici della malattia e all’esperienza con il cibo; 5. favorire, quando opportuno, la scelta di un aiuto personale professionale (psicoterapia o counselling).
Conclusioni. Tra un livello base, come quello prima descritto, e il setting classico della TF, vengono in genere attivati altri tipi di intervento più centrati su relazioni e modalità comunicative disfunzionali familiari. E’ spesso inevitabile affrontare tali aspetti nel corso del trattamento. E’ ovviamente necessario che ciò avvenga con la massima attenzione e che in ogni team esistano figure con formazione adeguata e specifica. Allo stato attuale dell’arte, e sulla base di esperienze consolidate a partire dal Maudsley Approach (4), sarebbe peraltro auspicabile e opportuno accrescere il focus su questi aspetti, aumentando lo studio e la riflessione a riguardo e implementando le conoscenze e lo scambio di esperienze, anche al fine di identificare e concordare indicazioni metodologiche più strutturate ed efficaci di intervento.
Bibliografia.
1. Humphrey LL (1994) “Family Relationships” In: Psychobiology and Treatment of Anorexia Nervosa and Bulimia Nervosa, Halmi KA Ed, APA.
2. Eisler I et al (2003) “Family Interventions” In: Handbook of Eating Disorders, Treasure J et al Ed, Wiley.
3. Treasure J et al (2005) “Working with families of adults with anorexia nervosa” J. Family Therapy 27, 158-170.
4. Le Grange D et al (2010) “The Role of the Family in Eating Disorders” Int J Eat Disord 43, 1-5