MS02.1
Compulsività, Impulsività e Ossessività nei DA. Le basi neurobiologiche dell’impulsività
Dipartimento delle Dipendenze ASL6 di Livorno
Margaron H
Premesse. Il nostro modo di reagire è condizionato, come lo possiamo facilmente sperimentare, tanto dal tipo di situazione e dal contesto quanto dalle nostre condizioni fisiche. Ma sebbene il nostro modo di reagire non è geneticamente determinato in modo rigido, sappiamo che le nostre reazioni non sono lasciate al caso delle nostre esperienze e delle circostanze. Dove allora cercare le basi a livello biologico della nostra reattività o della nostra impulsività ?
Descrizione. I modelli attuali per rispondere a questa domanda soffrono del fatto che si appoggiano su una lettura delle neuroscienze che tende a ridurre l’uomo ad il suo cervello o, peggio ancora, a parte di esso.
Conoscenze. Sappiamo che il nostro cervello è costituito di neuroni i quali hanno per unica funzione di ricevere una stimolazione da un neurone precedente per trasmetterla a quello successivo per inibirlo o attivarlo. Questo avviene attraverso un movimento di proteine le quali sono prodotte dai nostri geni a partire da un piccolo alfabeto composto da 20 aminoacidi, lo stesso per tutti gli organismi biologici presenti sulla terra.
Indicazioni. È solo dall’interazione tra un organismo ed un evento, come lo sosteneva Henri Laborit già più di 40 anni fa, che possiamo comprendere la forza della reazione o della nostra impulsività. Non è nell’impatto dell’evento su una determinata struttura che possiamo sperare comprendere le nostre reazioni ma semmai nelle modifiche prodotte sulle associazioni tra le informazioni che arrivano al cervello. Il nostro cervello non è un insieme di piccoli organi che produrrebbero altrettante funzioni specifiche ma un organo che ha per funzione attraverso queste numerose strutture di associare le informazioni che gli arrivano.
Le informazioni che giungono al cervello, in realtà, provengono dal mondo esterno e dall’organismo stesso e si associano ai nervi motori per aiutare l’organismo ad impostare il migliore rapporto possibile con il contesto in funzione delle circostanze e delle proprie condizioni. Questa capacità si affina con l’esperienza per trasformare i schemi senso-motori del neonato in tutti i nostri comportamenti e fare emergere addirittura le nostre grandi funzioni superiori, ma lo può fare attraverso l’unico strumento di cui dispone, la sinaptogenesi processo che permette di regolare la formazione delle nostre sinapsi. In effetti dei messaggi intracellulari vanno stimolare i geni codificanti affinché producono le proteine necessarie alla formazione di sinapsi per consentire ad ogni singolo neurone di adempiere ai compiti ai quali è chiamato e più in generale di facilitare le abitudini dell’organismo.
Risultati. Gerald Edelman chiama registro secondario l’insieme delle sinapsi così formate e che sono specifiche dell’individuo poiché determinate dalle esperienze e dalle abitudini, associate tra loro in modo tale da rappresentare l’insieme delle modalità che l’organismo ha sperimentato di essere in relazione con il mondo tenendo conto delle sue condizioni e delle circostanze. Ciascuna modalità relazionale (o associazione sinaptica) è sistematicamente associata ad una quantità di dopamina rilasciata all’interno del nucleus accumbens la quale è dipendente dai miglioramenti prodotti sull’organismo. Più una esperienza o un evento ha prodotto degli effetti significativi sulle condizioni fisiche o più viene ripetuto e più l’organismo tramite il nucleus accumbens tenderà a riattivare lo stesso comportamento qualora si ripresenti l’esperienza o l’evento.
Conclusione. Non è nelle caratteristiche innate di tale o tale struttura cerebrale che possiamo sperare comprendere l’impulsività e/o la compulsività che possono caratterizzare alcuni comportamenti come i disturbi delle condotte alimentari o qualsiasi forma di addiction, ma nell'interazione tra un cervello il cui registro secondario si costruisce con le esperienze, alla ricerca del migliore rapporto possibile ed un contesto (naturale, sociale, familiare...) e quindi nel compromesso possibile tra ciò che concede il contesto e le aspirazioni del singolo.
Bibliografia.
1. De Duve C (2002) “Come evolve la vita, dalle molecole alla mente simbolica” tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2003
2. Edelman G (2004) “Più grande del cielo, lo straordinario dono fenomenico della coscienza” tr. it Einaudi, Torino 2004
3. Gazzaniga MS (2007) “Human, quel che ci rende unici” tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2009
4. Margaron H (2011) “Il Craving, in Craving, alla base di tutte le dipendenze” In: Quaderni di Perssonalià/Dipendenze, Mucchi Editore, Bologna, Modena.
5. Margaron H (2010) “Les cartes neuro-inform.actionnelles” Psychotropes 16, 107-116
Compulsività, Impulsività e Ossessività nei DA. Le basi neurobiologiche dell’impulsività
Dipartimento delle Dipendenze ASL6 di Livorno
Margaron H
Premesse. Il nostro modo di reagire è condizionato, come lo possiamo facilmente sperimentare, tanto dal tipo di situazione e dal contesto quanto dalle nostre condizioni fisiche. Ma sebbene il nostro modo di reagire non è geneticamente determinato in modo rigido, sappiamo che le nostre reazioni non sono lasciate al caso delle nostre esperienze e delle circostanze. Dove allora cercare le basi a livello biologico della nostra reattività o della nostra impulsività ?
Descrizione. I modelli attuali per rispondere a questa domanda soffrono del fatto che si appoggiano su una lettura delle neuroscienze che tende a ridurre l’uomo ad il suo cervello o, peggio ancora, a parte di esso.
Conoscenze. Sappiamo che il nostro cervello è costituito di neuroni i quali hanno per unica funzione di ricevere una stimolazione da un neurone precedente per trasmetterla a quello successivo per inibirlo o attivarlo. Questo avviene attraverso un movimento di proteine le quali sono prodotte dai nostri geni a partire da un piccolo alfabeto composto da 20 aminoacidi, lo stesso per tutti gli organismi biologici presenti sulla terra.
Indicazioni. È solo dall’interazione tra un organismo ed un evento, come lo sosteneva Henri Laborit già più di 40 anni fa, che possiamo comprendere la forza della reazione o della nostra impulsività. Non è nell’impatto dell’evento su una determinata struttura che possiamo sperare comprendere le nostre reazioni ma semmai nelle modifiche prodotte sulle associazioni tra le informazioni che arrivano al cervello. Il nostro cervello non è un insieme di piccoli organi che produrrebbero altrettante funzioni specifiche ma un organo che ha per funzione attraverso queste numerose strutture di associare le informazioni che gli arrivano.
Le informazioni che giungono al cervello, in realtà, provengono dal mondo esterno e dall’organismo stesso e si associano ai nervi motori per aiutare l’organismo ad impostare il migliore rapporto possibile con il contesto in funzione delle circostanze e delle proprie condizioni. Questa capacità si affina con l’esperienza per trasformare i schemi senso-motori del neonato in tutti i nostri comportamenti e fare emergere addirittura le nostre grandi funzioni superiori, ma lo può fare attraverso l’unico strumento di cui dispone, la sinaptogenesi processo che permette di regolare la formazione delle nostre sinapsi. In effetti dei messaggi intracellulari vanno stimolare i geni codificanti affinché producono le proteine necessarie alla formazione di sinapsi per consentire ad ogni singolo neurone di adempiere ai compiti ai quali è chiamato e più in generale di facilitare le abitudini dell’organismo.
Risultati. Gerald Edelman chiama registro secondario l’insieme delle sinapsi così formate e che sono specifiche dell’individuo poiché determinate dalle esperienze e dalle abitudini, associate tra loro in modo tale da rappresentare l’insieme delle modalità che l’organismo ha sperimentato di essere in relazione con il mondo tenendo conto delle sue condizioni e delle circostanze. Ciascuna modalità relazionale (o associazione sinaptica) è sistematicamente associata ad una quantità di dopamina rilasciata all’interno del nucleus accumbens la quale è dipendente dai miglioramenti prodotti sull’organismo. Più una esperienza o un evento ha prodotto degli effetti significativi sulle condizioni fisiche o più viene ripetuto e più l’organismo tramite il nucleus accumbens tenderà a riattivare lo stesso comportamento qualora si ripresenti l’esperienza o l’evento.
Conclusione. Non è nelle caratteristiche innate di tale o tale struttura cerebrale che possiamo sperare comprendere l’impulsività e/o la compulsività che possono caratterizzare alcuni comportamenti come i disturbi delle condotte alimentari o qualsiasi forma di addiction, ma nell'interazione tra un cervello il cui registro secondario si costruisce con le esperienze, alla ricerca del migliore rapporto possibile ed un contesto (naturale, sociale, familiare...) e quindi nel compromesso possibile tra ciò che concede il contesto e le aspirazioni del singolo.
Bibliografia.
1. De Duve C (2002) “Come evolve la vita, dalle molecole alla mente simbolica” tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2003
2. Edelman G (2004) “Più grande del cielo, lo straordinario dono fenomenico della coscienza” tr. it Einaudi, Torino 2004
3. Gazzaniga MS (2007) “Human, quel che ci rende unici” tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2009
4. Margaron H (2011) “Il Craving, in Craving, alla base di tutte le dipendenze” In: Quaderni di Perssonalià/Dipendenze, Mucchi Editore, Bologna, Modena.
5. Margaron H (2010) “Les cartes neuro-inform.actionnelles” Psychotropes 16, 107-116