MR02
Compulsività, Impulsività e Ossessività nei DA: Modelli di relazione e nuove patologie
Nizzoli U
Introduzione. La Compulsività, l’Impulsività e l’Ossessività sono qualità distinguibili e per certi versi opposte tra loro. Sull’asse agire – pensare da un lato sta l’Impulsività e la Compulsività mentre dall’altro l’Ossessività; sull’asse sperimentare – ripetere da un lato sta l’Impulsività e dal lato opposto Compulsività ed Ossessività. Ciò che appare inconciliabile può fondersi nel funzionamento umano.
Definizione. La condotta impulsiva definisce un modo di dire o di agire senza riflettere: l’individuo agisce, l’elaborazione psichica viene dopo l’azione. Si tratta di un funzionamento in cui prevale la corporeità o, di converso, in cui si ha un cedimento del pensiero: ad una tensione succede rapidamente una scarica: la persona si sente immediatamente sollevata. Tutti i comportamenti umani possono avvenire all’insegna dell’impulsività: giocare, lavorare, spendere soldi, mangiare, bere, guidare, fare sesso.
Come per tutte le caratteristiche del comportamento umano anche l’impulsività può essere valutata in intensità: all’estremo si osserva l’acting-out. All’interno della Impulsività riconosciamo differenti aspetti infatti l’individuo si espone a rischi perché esegue le condotte impulsive con aspetti di avventatezza, di imprudenza, di precipitazione oltre che senza la previsione e pianificazione delle conseguenze del suo comportamento. (1),
All’opposto dell’impulsività troviamo il pensiero ossessivo che coarta fino ad inibirla l’azione dell’individuo: la mente è occupata da pensieri ossessivi, le energie individuali si logorano nella ricorsività dei pensieri.
La compulsività riproduce violentemente il comportamento ed arriva progressivamente ad invadere lo psichismo fino ad obbligare l’individuo allo stato coatto: schiavo della ripetizione compulsiva.
Descrizione. L’impulsività, la compulsivita' e l'ossessività si rintracciano come sintomi importanti di una schiera eterogenea di disturbi psichiatrici. Essi possono presentarsi tra i criteri diagnostici sia singolarmente che in forma associata.
Troppo spesso l’impulsività viene utilizzata riduttivamente come criterio omogeneo incluso in patologie molto differenti tra di loro. Infatti i disturbi psichici che includono l’impulsività sono molteplici (controllo degli impulsi, disturbi di Personalità, uso di sostanze, DCA, GAP, ecc).
Ma anche comportamenti pur protesi ad una meta (e quindi apparentemente non impulsivi ma forniti di antecedenti riflessioni), sia essa cibo, droghe, sesso, potere o denaro, ma caratterizzati da una scarsa valutazione delle strategie usate per ottenere quel risultato possono essere definiti impulsivi (2). Nell’impulsività è ricorrente il fallimento nel resistere e nel regolare desideri ed impulsi (3).
Il comportamento compulsivo implica la ripetizione di un comportamento che si reitera nella misura in cui non corrisponde in modo “proprio” al bisogno profondo che lo mette in atto. La “quantità” della “riposta” è infatti proporzionata alla inadeguatezza rispetto alla domanda profonda.
Nel disturbo ossessivo-compulsivo o DOC, da tempo noto come sindrome nevrotica, si alternano pensieri ossessivi che attivano anche contro la volontà dell’individuo, azioni particolari o rituali da eseguire appunto compulsivamente nel tentativo di neutralizzare il nucleo dell'ossessione.
Interpretazione. Nel tempo si sono alternate descrizioni etiopatogenetiche che hanno ripercorso ed enfattizzato i processi affettivi o quelli legati allo sviluppo; più recentemente viene data importanza ai fattori cognitivi ed a quelli neuro-biologici e genetici.
Una lettura psicopatologica del problema consente di rilevare che nello spettro dei disturbi compulsivi e impulsivi sono rappresentati gli estremi di un continuum che va dalla sovrastima del pericolo col suo fobico evitamento ad una ridotta percezione del rischio di determinati comportamenti e ad una spasmodica ricerca di situazioni nuove ed eccitanti.
Una lettura psicodinamica evidenzia che il comportamento impulsivo esprime l’emergenza incontrollata di una pulsione collegata ad una scissione della personalità: buoni propositi e condotte di cui il soggetto stesso si vergogna si alternano incessantemente.
Il modo di reagire è condizionato sia dal tipo di situazione e di contesto sia dalle condizioni fisiche individuali; sebbene non sia geneticamente determinato, le reazioni non sono lasciate al caso delle occasionali esperienze e circostanze.
Un tempo (4) si riteneva che la forza della reazione, l’impulsività, emergesse dall’interazione tra un organismo ed un evento. Progressivamente si è compreso che non è nell’impatto dell’evento che si comprende l’impulsività ma nelle modifiche prodotte dall’associazione tra le informazioni che arrivano al cervello. Il cervello non è un insieme di piccole aree deputate ognuna a funzioni specifiche ma è un organo complesso che associa le informazioni che gli arrivano dal mondo esterno o dall’interno dell’organismo stesso per aiutare quest’ultimo ad impostare il migliore rapporto possibile con il contesto e/o con le proprie condizioni. Questa funzione si affina progressivamente con lo sviluppo e trasforma gli schemi senso-motori del neonato nei comportamenti dell’adulto fino a fare emergere le sue capacità superiori(5). E’ il processo di sinaptogenesi che aumenta le sinapsi in un modo tale da rendere le abitudini più facili e più precise.
Gerald Edelman (6) chiama “registro secondario” l’insieme delle sinapsi così formate: esse sono specifiche di ogni individuo dato che sono determinate dalle esperienze e dalle abitudini, associate tra loro in modo tale da rappresentare l’insieme delle modalità che l’organismo ha sperimentato nell’essere in relazione con il mondo. Più una esperienza o un evento producono effetti significativi sulle condizioni fisiche o più vengono ripetuti e più l’organismo tende a riattivare lo stesso comportamento nel caso si ripresenti quella data esperienza o quel dato evento (v. Margaron, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
Non è quindi nelle caratteristiche innate della struttura cerebrale che si trovano le spiegazioni dell’impulsività e/o della compulsività che caratterizzano le addiction, ma nell'interazione tra il cervello ed il contesto (naturale, sociale, familiare...) che con il suo sistema di valori condiziona gli esiti della ricerca individuale del maggior adattamento/piacere possibile (7).
Osservazioni e interpretazioni personali. Nei disturbi compulsivi, tra cui l’anoressia nervosa, le condotte ossessivamente ripetitive servono allo scopo di ridurre l’ansia e la tensione interiore; nei comportamenti impulsivi, sebbene appaiano con una certa ripetitività, possono rintracciarsi vissuti molto piacevoli nonostante o forse proprio grazie alla pericolosità in essi insita: forse perciò essi tendono a essere rimessi più volte in atto.
La “triade” sintomatica connota frequentemente sia i Disturbi di Personalità, specie il tipo Borderline, sia l’abuso di sostanze che i Disturbi della condotta alimentare.
L’epidemiologia si incarica di presentare la straordinaria frequenza dell’associazione fra questi quadri psicopatologici.
Questo tipo di disturbi compaiono generalmente nel corso dell’adolescenza con ciò sottolineando l’influenza dei fattori favorenti. Tra essi spesso si riscontrano eventi traumatici subiti nell'infanzia, come traumi ed abusi sessuali e fisici, maltrattamenti, trascuratezza (8).
Sia l’abuso di sostanze psicotrope che la messa in atto impulsiva e compulsiva di comportamenti di addiction (9) costituiscono esperienze dalla forte componente sensoriale, che consentono – ovviamente di auto-cura inadeguata ed auto-lesiva - una qualche possibilità di stabilizzare stati affettivi profondamente dolorosi e disregolati. Le condotte di dipendenza rappresentano per l’addicted un rifugio mentale per sottrarsi all’imprevedibilità delle vicende e delle relazioni umane, e richiudersi all’interno di esperienze contrassegnate dalla ricerca - insieme ossessiva ed impulsiva - di uno stato di piacere che riesca ad antagonizzare il dolore psichico (10). Lo spettro impulsivo-compulsivo si pone alla base del comportamento di dipendenza e del craving ad esso sottostante.
I soggetti che ne sono affetti hanno difficoltà ad apprendere dalle conseguenze derivate dai loro precedenti comportamenti e a inibire o ritardare l’azione in modo appropriato. Tendono a esternare la fonte delle loro difficoltà, ad esprimere in modo eccessivo la frustrazione e a provare più raramente ansia o sentimenti di colpa.
Assume quindi un ruolo fondamentale il craving, cioè la condizione sindromica di base delle addiction, caratterizzata da un’urgenza appetitiva di ricerca di piacere e una messa in atto irriducibile, anche a svantaggio della stessa volontà del soggetto; ovvero una “fame” viscerale e travolgente che sottovaluta il rischio e disconosce le possibili conseguenze negative. (11).
Il craving assume nelle diverse addiction, tra cui i Disturbi dell’Alimentazione, le caratteristiche dell’impellenza e della compulsività, soprattutto in presenza di specifici stimoli interni o esterni, e la forte attrazione, impulsiva e compulsiva, verso il comportamento di dipendenza va ben al di là dell’oggetto-droga di per sé. Il craving tende infatti ad attivarsi in presenza di stimoli ambientali che richiamano l’incontro con l’oggetto-droga, ma anche in risposta ad eventi stressanti o a particolari situazioni emotive.
Le “triade” sintomatica ossessività, impulsività e compulsività si pone alla base del craving. Il craving si manifesta con maggiore forza in soggetti con una particolare instabilità emotiva, una scarsa tolleranza alle frustrazioni, una tendenza all’acting-out ed un sentimento di inadeguatezza rispetto alle proprie capacità di gestire le problematiche che emergono nelle relazioni interpersonali (in specie DPB).
Se consideriamo la dipendenza patologica come un disturbo dello spettro ossessivo-impulsivo-compulsivo che si basa su meccanismi di difesa di natura dissociativa, allora, è facile comprendere come non possano essere esclusivamente gli effetti fisiologici generati da una sostanza o da un comportamento a portare all’addiction, in quanto esiste già una condizione psicopatologica a monte, di cui il craving è il naturale epifenomeno.
Il craving, ovvero la ricerca incessante e urgente, ossessiva, impulsiva e compulsiva, delle situazioni e degli stati mentali connessi all’uso dell’oggetto-droga costituisce una forma di anestesia e di allontanamento del dolore. Essa si connette ad emozioni traumatiche (12) cioè ad emozioni che non possono essere pensate, poiché la loro eventuale emersione comporterebbe un crollo. Tali emozioni derivano da antecedenti contesti insicuri, trascuranti o abusanti che non hanno permesso di sviluppare né i regolatori psicobiologici necessari a tollerare lo stress e il dolore, né le capacità di elaborazione degli stati cognitivi e affettivi connessi alla sofferenza psicologica, né la possibilità di rivolgersi per ottenere aiuto e sostegno da figure significative protettive e curanti.
Discussione. Data la frequenza dell’associazione fra DA e DP e DUS (13) è indicata l’esplorazione per tutti i pazienti con DA delle comorbilità di asse II° (14).
Si pone l’esigenza del trattamento di queste sindromi non solo attraverso team multidisciplinari e facenti parte di un Sistema di cura integrato, ma anche in associazione con team, essi pure multidisciplinari, specialistici per la cura dei DUS.
Per quanto il DSM inviti a porre con grande cautela una diagnosi di personalità nei pazienti con età inferiore ai 18 anni, sono crescenti i dati che confermano la validità della diagnosi di DP in adolescenza (dai 16 anni), in particolare nel sesso femminile.
Implicazioni per il trattamento. Dato che la condotta evidenzia uno “spostamento” dall’oggetto autentico del bisogno su un suo sostituto (droga, cibo, gioco etc.), a livello terapeutico occorre accedere ai bisogni insoddisfatti per reimpostare un progetto di vita più idoneo e denso di soddisfazioni e piacere.
Le strategie cliniche potranno differenziarsi in relazione alla focalizzazione sui diversi tipi di sindromi interne allo spettro triadico e implementare skill adeguati (v. Bonfà, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
In virtù delle caratteristiche insite dalla funzione gruppale (sostegno, contenimento, rispecchiamento, valenza nutritiva, individuazione/ differenziazione) in vari contesti viene proposta una terapia di gruppo (15) anche perché si considera che il mondo emozionale dei pazienti offra negli incontri individuali minori varchi d’accesso (nel Simposio ne viene presentata un’esperienza). Setting simili vengono spesso riservati anche ai partner ed ai genitori (v. Senatore, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
Il trattamento residenziale, quando indicato, richiede l’istituzione di “luoghi” in cui lo specialismo e la multidimensionalità si associano a condizioni comunitarie.
Dopo una prima fase di valutazione psicodiagnostica e nutrizionale avviene la presa in carico con progetti di cura integrati (v. Montecchi, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
Vengono presentate esperienze significative, una per giovani ed adolescenti con DA co-morbili per DP ed una per pazienti con GAP (16).
Da esse si evidenzia la trasversalità clinica del trattamento riservato non solo a pazienti con DA (v. Zerbetto, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
Conclusioni. La cura dei pazienti affetti da patologie dello spettro impulsivo-ossessivo-compulsivo richiede nuovi assetti metodologici e gestionali; servono competenze ed assetti clinici poli-specialistici integrati e multi-modulari.
Bibliografia.
1. Moeller FG, Barratt ES et al (2001) “Psychiatric aspects of impulsività” Am J Psychiatry 158, 1783-1793
2. Swann AC, Bjork JM et al (2002) “Two models of impulsivity: relationship to personality traits and psychopathology” Biol Psychiatry 51, 988-994
3. Janiri L, Caroppo E, Pinto M, Pozzi G (2006) “Impulsività e compulsività: psicopatologia emergente” Franco Angeli, Milano.
4. De Duve C (2002) “Come evolve la vita, dalle molecole alla mente simbolica” tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2003
5. Margaron H (2010) “Les cartes neuro-informactionnelles” Psychotropes 16, 107-116
6. Edelman G (2004) “Più grande del cielo, lo straordinario dono fenomenico della coscienza” tr. it Einaudi, Torino 2004
7. Gazzaniga MS (2007) “Human, quel che ci rende unici” tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2009
8. Caretti V, Craparo G (a cura di) (2008) “Trauma e psicopatologia. Un approccio evolutivo-relazionale” Astrolabio, Roma.
9. Goodman A (1998) “Science of Addiction” Am J Psychiatry 155, 1642-1643
10. Hollander E (1993) “Obsessive Compulsive and Related Disorders” American Psychiatric Press, Washington DC
11. Nizzoli U, Croce M, Margaron H, Caretti V, Zerbetto R, Lorenzi P (2011) “Craving. Alla base di tutte le dipendenze” Quaderni di Personalità/Dipendenze n. 2, Mucchi
12. Bonanno GA, Loss X (2004) “Trauma and Human Resilience: have we underestimated the human capacity to thrive after extremely aversive events?” American Psychologist 59, 20-28.
13. Nizzoli U (a cura di) (2007) “Disturbi dell’Alimentazione e Abuso di sostanze” pp. XI + 196, Piccin Padova
14. Martinsen EW, Hoffart A, Rosenvinge J (2005) “Two-years prospective study of personality disorders in adults with longstanding eating disorders” Int J Eat Disord 37,112-118
15. Rouchy JC (2000) “Il gruppo spazio analitico” Roma, Borla
16. Zerbetto R, Versaci R (2011) “Le sindromi ossessivo-compulsive e il Gioco d’azzardo patologico” Carocci editore, Roma
Compulsività, Impulsività e Ossessività nei DA: Modelli di relazione e nuove patologie
Nizzoli U
Introduzione. La Compulsività, l’Impulsività e l’Ossessività sono qualità distinguibili e per certi versi opposte tra loro. Sull’asse agire – pensare da un lato sta l’Impulsività e la Compulsività mentre dall’altro l’Ossessività; sull’asse sperimentare – ripetere da un lato sta l’Impulsività e dal lato opposto Compulsività ed Ossessività. Ciò che appare inconciliabile può fondersi nel funzionamento umano.
Definizione. La condotta impulsiva definisce un modo di dire o di agire senza riflettere: l’individuo agisce, l’elaborazione psichica viene dopo l’azione. Si tratta di un funzionamento in cui prevale la corporeità o, di converso, in cui si ha un cedimento del pensiero: ad una tensione succede rapidamente una scarica: la persona si sente immediatamente sollevata. Tutti i comportamenti umani possono avvenire all’insegna dell’impulsività: giocare, lavorare, spendere soldi, mangiare, bere, guidare, fare sesso.
Come per tutte le caratteristiche del comportamento umano anche l’impulsività può essere valutata in intensità: all’estremo si osserva l’acting-out. All’interno della Impulsività riconosciamo differenti aspetti infatti l’individuo si espone a rischi perché esegue le condotte impulsive con aspetti di avventatezza, di imprudenza, di precipitazione oltre che senza la previsione e pianificazione delle conseguenze del suo comportamento. (1),
All’opposto dell’impulsività troviamo il pensiero ossessivo che coarta fino ad inibirla l’azione dell’individuo: la mente è occupata da pensieri ossessivi, le energie individuali si logorano nella ricorsività dei pensieri.
La compulsività riproduce violentemente il comportamento ed arriva progressivamente ad invadere lo psichismo fino ad obbligare l’individuo allo stato coatto: schiavo della ripetizione compulsiva.
Descrizione. L’impulsività, la compulsivita' e l'ossessività si rintracciano come sintomi importanti di una schiera eterogenea di disturbi psichiatrici. Essi possono presentarsi tra i criteri diagnostici sia singolarmente che in forma associata.
Troppo spesso l’impulsività viene utilizzata riduttivamente come criterio omogeneo incluso in patologie molto differenti tra di loro. Infatti i disturbi psichici che includono l’impulsività sono molteplici (controllo degli impulsi, disturbi di Personalità, uso di sostanze, DCA, GAP, ecc).
Ma anche comportamenti pur protesi ad una meta (e quindi apparentemente non impulsivi ma forniti di antecedenti riflessioni), sia essa cibo, droghe, sesso, potere o denaro, ma caratterizzati da una scarsa valutazione delle strategie usate per ottenere quel risultato possono essere definiti impulsivi (2). Nell’impulsività è ricorrente il fallimento nel resistere e nel regolare desideri ed impulsi (3).
Il comportamento compulsivo implica la ripetizione di un comportamento che si reitera nella misura in cui non corrisponde in modo “proprio” al bisogno profondo che lo mette in atto. La “quantità” della “riposta” è infatti proporzionata alla inadeguatezza rispetto alla domanda profonda.
Nel disturbo ossessivo-compulsivo o DOC, da tempo noto come sindrome nevrotica, si alternano pensieri ossessivi che attivano anche contro la volontà dell’individuo, azioni particolari o rituali da eseguire appunto compulsivamente nel tentativo di neutralizzare il nucleo dell'ossessione.
Interpretazione. Nel tempo si sono alternate descrizioni etiopatogenetiche che hanno ripercorso ed enfattizzato i processi affettivi o quelli legati allo sviluppo; più recentemente viene data importanza ai fattori cognitivi ed a quelli neuro-biologici e genetici.
Una lettura psicopatologica del problema consente di rilevare che nello spettro dei disturbi compulsivi e impulsivi sono rappresentati gli estremi di un continuum che va dalla sovrastima del pericolo col suo fobico evitamento ad una ridotta percezione del rischio di determinati comportamenti e ad una spasmodica ricerca di situazioni nuove ed eccitanti.
Una lettura psicodinamica evidenzia che il comportamento impulsivo esprime l’emergenza incontrollata di una pulsione collegata ad una scissione della personalità: buoni propositi e condotte di cui il soggetto stesso si vergogna si alternano incessantemente.
Il modo di reagire è condizionato sia dal tipo di situazione e di contesto sia dalle condizioni fisiche individuali; sebbene non sia geneticamente determinato, le reazioni non sono lasciate al caso delle occasionali esperienze e circostanze.
Un tempo (4) si riteneva che la forza della reazione, l’impulsività, emergesse dall’interazione tra un organismo ed un evento. Progressivamente si è compreso che non è nell’impatto dell’evento che si comprende l’impulsività ma nelle modifiche prodotte dall’associazione tra le informazioni che arrivano al cervello. Il cervello non è un insieme di piccole aree deputate ognuna a funzioni specifiche ma è un organo complesso che associa le informazioni che gli arrivano dal mondo esterno o dall’interno dell’organismo stesso per aiutare quest’ultimo ad impostare il migliore rapporto possibile con il contesto e/o con le proprie condizioni. Questa funzione si affina progressivamente con lo sviluppo e trasforma gli schemi senso-motori del neonato nei comportamenti dell’adulto fino a fare emergere le sue capacità superiori(5). E’ il processo di sinaptogenesi che aumenta le sinapsi in un modo tale da rendere le abitudini più facili e più precise.
Gerald Edelman (6) chiama “registro secondario” l’insieme delle sinapsi così formate: esse sono specifiche di ogni individuo dato che sono determinate dalle esperienze e dalle abitudini, associate tra loro in modo tale da rappresentare l’insieme delle modalità che l’organismo ha sperimentato nell’essere in relazione con il mondo. Più una esperienza o un evento producono effetti significativi sulle condizioni fisiche o più vengono ripetuti e più l’organismo tende a riattivare lo stesso comportamento nel caso si ripresenti quella data esperienza o quel dato evento (v. Margaron, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
Non è quindi nelle caratteristiche innate della struttura cerebrale che si trovano le spiegazioni dell’impulsività e/o della compulsività che caratterizzano le addiction, ma nell'interazione tra il cervello ed il contesto (naturale, sociale, familiare...) che con il suo sistema di valori condiziona gli esiti della ricerca individuale del maggior adattamento/piacere possibile (7).
Osservazioni e interpretazioni personali. Nei disturbi compulsivi, tra cui l’anoressia nervosa, le condotte ossessivamente ripetitive servono allo scopo di ridurre l’ansia e la tensione interiore; nei comportamenti impulsivi, sebbene appaiano con una certa ripetitività, possono rintracciarsi vissuti molto piacevoli nonostante o forse proprio grazie alla pericolosità in essi insita: forse perciò essi tendono a essere rimessi più volte in atto.
La “triade” sintomatica connota frequentemente sia i Disturbi di Personalità, specie il tipo Borderline, sia l’abuso di sostanze che i Disturbi della condotta alimentare.
L’epidemiologia si incarica di presentare la straordinaria frequenza dell’associazione fra questi quadri psicopatologici.
Questo tipo di disturbi compaiono generalmente nel corso dell’adolescenza con ciò sottolineando l’influenza dei fattori favorenti. Tra essi spesso si riscontrano eventi traumatici subiti nell'infanzia, come traumi ed abusi sessuali e fisici, maltrattamenti, trascuratezza (8).
Sia l’abuso di sostanze psicotrope che la messa in atto impulsiva e compulsiva di comportamenti di addiction (9) costituiscono esperienze dalla forte componente sensoriale, che consentono – ovviamente di auto-cura inadeguata ed auto-lesiva - una qualche possibilità di stabilizzare stati affettivi profondamente dolorosi e disregolati. Le condotte di dipendenza rappresentano per l’addicted un rifugio mentale per sottrarsi all’imprevedibilità delle vicende e delle relazioni umane, e richiudersi all’interno di esperienze contrassegnate dalla ricerca - insieme ossessiva ed impulsiva - di uno stato di piacere che riesca ad antagonizzare il dolore psichico (10). Lo spettro impulsivo-compulsivo si pone alla base del comportamento di dipendenza e del craving ad esso sottostante.
I soggetti che ne sono affetti hanno difficoltà ad apprendere dalle conseguenze derivate dai loro precedenti comportamenti e a inibire o ritardare l’azione in modo appropriato. Tendono a esternare la fonte delle loro difficoltà, ad esprimere in modo eccessivo la frustrazione e a provare più raramente ansia o sentimenti di colpa.
Assume quindi un ruolo fondamentale il craving, cioè la condizione sindromica di base delle addiction, caratterizzata da un’urgenza appetitiva di ricerca di piacere e una messa in atto irriducibile, anche a svantaggio della stessa volontà del soggetto; ovvero una “fame” viscerale e travolgente che sottovaluta il rischio e disconosce le possibili conseguenze negative. (11).
Il craving assume nelle diverse addiction, tra cui i Disturbi dell’Alimentazione, le caratteristiche dell’impellenza e della compulsività, soprattutto in presenza di specifici stimoli interni o esterni, e la forte attrazione, impulsiva e compulsiva, verso il comportamento di dipendenza va ben al di là dell’oggetto-droga di per sé. Il craving tende infatti ad attivarsi in presenza di stimoli ambientali che richiamano l’incontro con l’oggetto-droga, ma anche in risposta ad eventi stressanti o a particolari situazioni emotive.
Le “triade” sintomatica ossessività, impulsività e compulsività si pone alla base del craving. Il craving si manifesta con maggiore forza in soggetti con una particolare instabilità emotiva, una scarsa tolleranza alle frustrazioni, una tendenza all’acting-out ed un sentimento di inadeguatezza rispetto alle proprie capacità di gestire le problematiche che emergono nelle relazioni interpersonali (in specie DPB).
Se consideriamo la dipendenza patologica come un disturbo dello spettro ossessivo-impulsivo-compulsivo che si basa su meccanismi di difesa di natura dissociativa, allora, è facile comprendere come non possano essere esclusivamente gli effetti fisiologici generati da una sostanza o da un comportamento a portare all’addiction, in quanto esiste già una condizione psicopatologica a monte, di cui il craving è il naturale epifenomeno.
Il craving, ovvero la ricerca incessante e urgente, ossessiva, impulsiva e compulsiva, delle situazioni e degli stati mentali connessi all’uso dell’oggetto-droga costituisce una forma di anestesia e di allontanamento del dolore. Essa si connette ad emozioni traumatiche (12) cioè ad emozioni che non possono essere pensate, poiché la loro eventuale emersione comporterebbe un crollo. Tali emozioni derivano da antecedenti contesti insicuri, trascuranti o abusanti che non hanno permesso di sviluppare né i regolatori psicobiologici necessari a tollerare lo stress e il dolore, né le capacità di elaborazione degli stati cognitivi e affettivi connessi alla sofferenza psicologica, né la possibilità di rivolgersi per ottenere aiuto e sostegno da figure significative protettive e curanti.
Discussione. Data la frequenza dell’associazione fra DA e DP e DUS (13) è indicata l’esplorazione per tutti i pazienti con DA delle comorbilità di asse II° (14).
Si pone l’esigenza del trattamento di queste sindromi non solo attraverso team multidisciplinari e facenti parte di un Sistema di cura integrato, ma anche in associazione con team, essi pure multidisciplinari, specialistici per la cura dei DUS.
Per quanto il DSM inviti a porre con grande cautela una diagnosi di personalità nei pazienti con età inferiore ai 18 anni, sono crescenti i dati che confermano la validità della diagnosi di DP in adolescenza (dai 16 anni), in particolare nel sesso femminile.
Implicazioni per il trattamento. Dato che la condotta evidenzia uno “spostamento” dall’oggetto autentico del bisogno su un suo sostituto (droga, cibo, gioco etc.), a livello terapeutico occorre accedere ai bisogni insoddisfatti per reimpostare un progetto di vita più idoneo e denso di soddisfazioni e piacere.
Le strategie cliniche potranno differenziarsi in relazione alla focalizzazione sui diversi tipi di sindromi interne allo spettro triadico e implementare skill adeguati (v. Bonfà, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
In virtù delle caratteristiche insite dalla funzione gruppale (sostegno, contenimento, rispecchiamento, valenza nutritiva, individuazione/ differenziazione) in vari contesti viene proposta una terapia di gruppo (15) anche perché si considera che il mondo emozionale dei pazienti offra negli incontri individuali minori varchi d’accesso (nel Simposio ne viene presentata un’esperienza). Setting simili vengono spesso riservati anche ai partner ed ai genitori (v. Senatore, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
Il trattamento residenziale, quando indicato, richiede l’istituzione di “luoghi” in cui lo specialismo e la multidimensionalità si associano a condizioni comunitarie.
Dopo una prima fase di valutazione psicodiagnostica e nutrizionale avviene la presa in carico con progetti di cura integrati (v. Montecchi, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
Vengono presentate esperienze significative, una per giovani ed adolescenti con DA co-morbili per DP ed una per pazienti con GAP (16).
Da esse si evidenzia la trasversalità clinica del trattamento riservato non solo a pazienti con DA (v. Zerbetto, relazione Simposio Sisdca nov. 2011).
Conclusioni. La cura dei pazienti affetti da patologie dello spettro impulsivo-ossessivo-compulsivo richiede nuovi assetti metodologici e gestionali; servono competenze ed assetti clinici poli-specialistici integrati e multi-modulari.
Bibliografia.
1. Moeller FG, Barratt ES et al (2001) “Psychiatric aspects of impulsività” Am J Psychiatry 158, 1783-1793
2. Swann AC, Bjork JM et al (2002) “Two models of impulsivity: relationship to personality traits and psychopathology” Biol Psychiatry 51, 988-994
3. Janiri L, Caroppo E, Pinto M, Pozzi G (2006) “Impulsività e compulsività: psicopatologia emergente” Franco Angeli, Milano.
4. De Duve C (2002) “Come evolve la vita, dalle molecole alla mente simbolica” tr. it. Raffaello Cortina, Milano, 2003
5. Margaron H (2010) “Les cartes neuro-informactionnelles” Psychotropes 16, 107-116
6. Edelman G (2004) “Più grande del cielo, lo straordinario dono fenomenico della coscienza” tr. it Einaudi, Torino 2004
7. Gazzaniga MS (2007) “Human, quel che ci rende unici” tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2009
8. Caretti V, Craparo G (a cura di) (2008) “Trauma e psicopatologia. Un approccio evolutivo-relazionale” Astrolabio, Roma.
9. Goodman A (1998) “Science of Addiction” Am J Psychiatry 155, 1642-1643
10. Hollander E (1993) “Obsessive Compulsive and Related Disorders” American Psychiatric Press, Washington DC
11. Nizzoli U, Croce M, Margaron H, Caretti V, Zerbetto R, Lorenzi P (2011) “Craving. Alla base di tutte le dipendenze” Quaderni di Personalità/Dipendenze n. 2, Mucchi
12. Bonanno GA, Loss X (2004) “Trauma and Human Resilience: have we underestimated the human capacity to thrive after extremely aversive events?” American Psychologist 59, 20-28.
13. Nizzoli U (a cura di) (2007) “Disturbi dell’Alimentazione e Abuso di sostanze” pp. XI + 196, Piccin Padova
14. Martinsen EW, Hoffart A, Rosenvinge J (2005) “Two-years prospective study of personality disorders in adults with longstanding eating disorders” Int J Eat Disord 37,112-118
15. Rouchy JC (2000) “Il gruppo spazio analitico” Roma, Borla
16. Zerbetto R, Versaci R (2011) “Le sindromi ossessivo-compulsive e il Gioco d’azzardo patologico” Carocci editore, Roma