TR2.05.
Empatia del Professionista
Università degli Studi “Federico II” Napoli Dipartimento di Neuroscienze Sezione Psichiatria
Di Pietro G
Premessa.Il termine empatia è tanto usato, quanto difficile da definire. Viene dai più considerato indispensabile elemento di una relazione terapeutica, qualsiasi sia il modello teorico a cui si faccia riferimento. Di sovente esso si sovrappone ad altri concetti come quello di identificazione o anche di proiezione, che certo non sono equivalenti.
Conoscenze.Kohut (1), analista della Psicologia del sé ha divulgato il suo concetto di noia nella relazione terapeutica in un brano apparso nel 1976 L’ipotesi è che “ la riattivazione del sé grandioso…possa…prosciugare quasi completamente la comunicazione del paziente da qualsiasi riferimento rivolto al terapeuta, che può, quindi, finire con lo sperimentare una condizione di noia”. Su un altro versante, completamente diverso, le ricerche di Gallese e collaboratori sui “ Neuroni specchio” sembrano portare ad una formula neurofisiologica di un sentimento complesso, come è quello di empatia.
Obiettivo.In questa Tavola Rotonda mi propongo di contribuire alla disamina di un concetto complesso come quello di empatia, per definirne caratteristiche e limiti.
Osservazioni/interpretazioni personali L’empatia non è un vero e proprio sentimento, sovrapponibile, per esempio, a quelli di rabbia, paura, amore ecc… esso deve essere considerato, piuttosto, una raffinata capacità di provare sentimenti vicini a quelli dell’interlocutore. Perché, su questo non sembrano esservi dubbi, esso è una qualificazione della relazione, bidirezionale, dal paziente al terapeuta e da questi verso il paziente. Sembra superfluo elencare le numerose situazioni cliniche il cui non scatta quel quid che, rendendo significativo il rapporto, permette di progredire verso una maturazione reciproca, direi. O di altre, opposte, in cui la relazione non può neanche avviarsi, perché non si crea il feeling. Non a caso nei paesi anglosassoni questo sentire è espresso con una allocuzione verbale che indica continuità. Come non pensare, poi, all’empatia indispensabile alla sopravvivenza, tra una madre e il suo figlioletto, a quanto questo debba ad una relazione vitale e al processo di “traduzione” che la madre opera sul bisogno. La madre significante del bisogno del bambino.
Discussione e conclusioni. Empatia è capacità di sentire-insieme, senza prevaricare, senza sovrapporsi o inoculare sentimenti propri. Il soggetto capace di empatia svolge un lavoro di “traduzione”, senza forzature, rispettando le caratteristiche e le intenzioni del discorso originario. Nella relazione terapeutica, questa vera e propria funzione risulta indispensabile. Apprenderla è possibile, ma come affinamento di una capacità di ascoltare l’altro basata sull’interesse genuino e non sul desiderio grandioso di controllo. Una funzione materna di accompagnamento alla crescita.
Bibliografia.
1. Kohut H (1971) “Some reaction of the analyst to the Mirror transference. The Analysis of the Self” London, Trad. it. Narcisismo e Analisi del sé, To, 1976 su: Noia e apatia, Bollati Boringhieri, 1980, 75-105.
2. Bassi F (1980) “Noia e apatia” Bollati Boringhieri, 75-105.
Empatia del Professionista
Università degli Studi “Federico II” Napoli Dipartimento di Neuroscienze Sezione Psichiatria
Di Pietro G
Premessa.Il termine empatia è tanto usato, quanto difficile da definire. Viene dai più considerato indispensabile elemento di una relazione terapeutica, qualsiasi sia il modello teorico a cui si faccia riferimento. Di sovente esso si sovrappone ad altri concetti come quello di identificazione o anche di proiezione, che certo non sono equivalenti.
Conoscenze.Kohut (1), analista della Psicologia del sé ha divulgato il suo concetto di noia nella relazione terapeutica in un brano apparso nel 1976 L’ipotesi è che “ la riattivazione del sé grandioso…possa…prosciugare quasi completamente la comunicazione del paziente da qualsiasi riferimento rivolto al terapeuta, che può, quindi, finire con lo sperimentare una condizione di noia”. Su un altro versante, completamente diverso, le ricerche di Gallese e collaboratori sui “ Neuroni specchio” sembrano portare ad una formula neurofisiologica di un sentimento complesso, come è quello di empatia.
Obiettivo.In questa Tavola Rotonda mi propongo di contribuire alla disamina di un concetto complesso come quello di empatia, per definirne caratteristiche e limiti.
Osservazioni/interpretazioni personali L’empatia non è un vero e proprio sentimento, sovrapponibile, per esempio, a quelli di rabbia, paura, amore ecc… esso deve essere considerato, piuttosto, una raffinata capacità di provare sentimenti vicini a quelli dell’interlocutore. Perché, su questo non sembrano esservi dubbi, esso è una qualificazione della relazione, bidirezionale, dal paziente al terapeuta e da questi verso il paziente. Sembra superfluo elencare le numerose situazioni cliniche il cui non scatta quel quid che, rendendo significativo il rapporto, permette di progredire verso una maturazione reciproca, direi. O di altre, opposte, in cui la relazione non può neanche avviarsi, perché non si crea il feeling. Non a caso nei paesi anglosassoni questo sentire è espresso con una allocuzione verbale che indica continuità. Come non pensare, poi, all’empatia indispensabile alla sopravvivenza, tra una madre e il suo figlioletto, a quanto questo debba ad una relazione vitale e al processo di “traduzione” che la madre opera sul bisogno. La madre significante del bisogno del bambino.
Discussione e conclusioni. Empatia è capacità di sentire-insieme, senza prevaricare, senza sovrapporsi o inoculare sentimenti propri. Il soggetto capace di empatia svolge un lavoro di “traduzione”, senza forzature, rispettando le caratteristiche e le intenzioni del discorso originario. Nella relazione terapeutica, questa vera e propria funzione risulta indispensabile. Apprenderla è possibile, ma come affinamento di una capacità di ascoltare l’altro basata sull’interesse genuino e non sul desiderio grandioso di controllo. Una funzione materna di accompagnamento alla crescita.
Bibliografia.
1. Kohut H (1971) “Some reaction of the analyst to the Mirror transference. The Analysis of the Self” London, Trad. it. Narcisismo e Analisi del sé, To, 1976 su: Noia e apatia, Bollati Boringhieri, 1980, 75-105.
2. Bassi F (1980) “Noia e apatia” Bollati Boringhieri, 75-105.