TR3.5
Dall’innato all’acquisito: La perversione dell’istinto al mangiare
Università di Palermo–Facoltà di Medicina, Cattedra di Psicologia Clinica
Bongiorno A, Vedda G, Minì V
Premesse. L’istinto a mangiare in modo adeguato a vivere bene è considerato ingenuamente da tutti un istinto primario, ed il fatto che alcuni individui si discostino da tale comportamento alimentare è perturbante. Perturbante in quanto perverso.
Il pervertimento è, secondo Garzanti, la degenerazione del senso morale/ psicologico o l’alterazione o deviazione degli istinti.
Ciò dipende essenzialmente dalla teoria ingenua secondo cui la natura dovrebbe insegnare a vivere bene, fornendoci cioè corretti istinti.
Secondo questa teoria l’ istinto, per altro, viene ambiguamente ed ingenuamente, rappresentato. Da un lato come manuale di istruzione che la natura ci ha fornito nel nostro interesse, dall’ altro come comportamento bestiale che l’ uomo, dotato di ragione, dovrebbe tenere a freno, controllare, o addirittura inibire.
Il fatto è che il termine istinto, proprio della terminologia etologica,anche quando viene usato da psicologi o psichiatri, che non hanno con questo concetto gran dimestichezza, è troppo spesso usato in modo improprio. Bisogna inoltre considerare che, nell’ uomo, l’ istinto è particolarmente difficile da studiare e descrivere essendo sperimentalmente quasi impossibile isolare comportamenti in cui l’ apprendimento non giochi un rilevante ruolo (effetto Kaspar Hauser)
Di fatto, anche nella letteratura scientifica (non etologica), il riferimento ai comportamenti istintivi è più fondato su luoghi comuni che su evidenze scientifiche ed i concetti di istinto e di pulsione vengono erroneamente confusi, specie in teorizzazioni psicologiche di matrice dinamica.
Nello specifico , l’ istinto alla presa alimentare viene inquadrato negli “ istinti di sopravvivenza” , negli istinti “ appetitivi” , ovvero riferito all’ “oralità”; e così via.
Tale raggruppamento di alcuni comportamenti in funzione della loro cooperazione teleonomica ( istinti di sopravvivenza, di riproduzione, etc)non rappresenta una congrua spiegazione anzi , a ben guardare questi istinti, in modo proprio, non esistono in quanto non è necessario che esistano connessioni col normale decorso biologico ma basta l’ impulso specifico di ciascun istinto per la sua specifica azione appetitiva. (1)
Ciò comporta una gran confusione.
In senso proprio l’istinto è un modulo motorio complesso , cioè, spesso, costituito da una sequenza ordinata di comportamenti, specie specifico, dotato di energia specifica corrispondente al fabbisogno medio di espressione, di una specifica affaticabilità, in funzione di una disponibilità interna ed eccitabilità generale, attivato da uno specifico stimolo, subordinato a valori di soglia ed al ristagno e dotato di specifica azione consumatoria, in cui stimolo ed azione consumatoria sono innati, relativamente rigidi, solo parzialmente modificabili o riducibili con l’apprendimento, modulabili nell’ intensità e non soggetti alla regola del tutto o nulla e gerarchicamente organizzati. (2)
Scopi. Cercheremo di delineare i limiti di applicabilità di tali concetti di comportamento istintivo all’ alimentazione e le dimensioni istintuali di cui è necessario tener conto in tale operazione. Verranno presi in considerazione alcuni aspetti che possono dar conto - e spunto per una spiegazione etologicamente fondata – di alcuni aspetti comportamentali dei disturbi alimentari.
In particolare verranno discussi:
Il fine dell’ istinto : non si può far perdere il desiderio di caccia ad un cane saziandolo: l’ istinto è a cacciare, non a mangiare
La gerarchia dei moduli comportamentali e l’ innesco del comportamento secondario: Nel fringuello- picchio il “comportamento di mangiare” è stimolato dall’ istinto a frugare e non viceversa.
La valenza, nella riduzione dell’arausal , della presa alimentare come attività dislocata.
La riduzione del ristagno alimentare e la disinibizione appetitiva econdaria ( concetto restrizione- disinibizione)
La legge di sommazione degli stimoli e meccanismo scatenante innato nella presa alimentare
La definizione dei limiti nell’ istinto alimentare:, la teleonomia in un mondo probabile, senza limiti superiori e forti limiti inferiori
La definizione della specificità nell’ istinto alimentare; per l’ uomo ancestrale era positivo seguire l’ informazione di stimoli scatenanti innati aperti da un lato: cibo più grasso,,più dolce, con meno zavorra
La situazione di inquietudine che un comportamento non eseguito provoca in un organismo e lo induce a ricercare attivamente la combinazione di stimoli scatenanti ( appetitive behaviour ) in genere collegati ad apprendimenti ( condizionati ) - response conditioned by reinfororcementL’ appetizione condizionata (alimentare) di condizioni di quiete in risposta a stimoli di disturbo incondizionati.
La sommazione degli Stimoli e la multifinalità del comportamento alimentare (fini sociali)
I modelli sperimentali animali di induzione di comportamenti alimentari disadattivi ed i loro fondamenti neurobiologici.
Bibliografia.
(1) Vergleichende Vereraltensforschung: grundlagen der ethologie- 1978 Springer Varlag - Wien
(2) Eibl- Eibesfeldt I- I fondamenti dell’ etologia Adelphi, Milano 1976
Dall’innato all’acquisito: La perversione dell’istinto al mangiare
Università di Palermo–Facoltà di Medicina, Cattedra di Psicologia Clinica
Bongiorno A, Vedda G, Minì V
Premesse. L’istinto a mangiare in modo adeguato a vivere bene è considerato ingenuamente da tutti un istinto primario, ed il fatto che alcuni individui si discostino da tale comportamento alimentare è perturbante. Perturbante in quanto perverso.
Il pervertimento è, secondo Garzanti, la degenerazione del senso morale/ psicologico o l’alterazione o deviazione degli istinti.
Ciò dipende essenzialmente dalla teoria ingenua secondo cui la natura dovrebbe insegnare a vivere bene, fornendoci cioè corretti istinti.
Secondo questa teoria l’ istinto, per altro, viene ambiguamente ed ingenuamente, rappresentato. Da un lato come manuale di istruzione che la natura ci ha fornito nel nostro interesse, dall’ altro come comportamento bestiale che l’ uomo, dotato di ragione, dovrebbe tenere a freno, controllare, o addirittura inibire.
Il fatto è che il termine istinto, proprio della terminologia etologica,anche quando viene usato da psicologi o psichiatri, che non hanno con questo concetto gran dimestichezza, è troppo spesso usato in modo improprio. Bisogna inoltre considerare che, nell’ uomo, l’ istinto è particolarmente difficile da studiare e descrivere essendo sperimentalmente quasi impossibile isolare comportamenti in cui l’ apprendimento non giochi un rilevante ruolo (effetto Kaspar Hauser)
Di fatto, anche nella letteratura scientifica (non etologica), il riferimento ai comportamenti istintivi è più fondato su luoghi comuni che su evidenze scientifiche ed i concetti di istinto e di pulsione vengono erroneamente confusi, specie in teorizzazioni psicologiche di matrice dinamica.
Nello specifico , l’ istinto alla presa alimentare viene inquadrato negli “ istinti di sopravvivenza” , negli istinti “ appetitivi” , ovvero riferito all’ “oralità”; e così via.
Tale raggruppamento di alcuni comportamenti in funzione della loro cooperazione teleonomica ( istinti di sopravvivenza, di riproduzione, etc)non rappresenta una congrua spiegazione anzi , a ben guardare questi istinti, in modo proprio, non esistono in quanto non è necessario che esistano connessioni col normale decorso biologico ma basta l’ impulso specifico di ciascun istinto per la sua specifica azione appetitiva. (1)
Ciò comporta una gran confusione.
In senso proprio l’istinto è un modulo motorio complesso , cioè, spesso, costituito da una sequenza ordinata di comportamenti, specie specifico, dotato di energia specifica corrispondente al fabbisogno medio di espressione, di una specifica affaticabilità, in funzione di una disponibilità interna ed eccitabilità generale, attivato da uno specifico stimolo, subordinato a valori di soglia ed al ristagno e dotato di specifica azione consumatoria, in cui stimolo ed azione consumatoria sono innati, relativamente rigidi, solo parzialmente modificabili o riducibili con l’apprendimento, modulabili nell’ intensità e non soggetti alla regola del tutto o nulla e gerarchicamente organizzati. (2)
Scopi. Cercheremo di delineare i limiti di applicabilità di tali concetti di comportamento istintivo all’ alimentazione e le dimensioni istintuali di cui è necessario tener conto in tale operazione. Verranno presi in considerazione alcuni aspetti che possono dar conto - e spunto per una spiegazione etologicamente fondata – di alcuni aspetti comportamentali dei disturbi alimentari.
In particolare verranno discussi:
Il fine dell’ istinto : non si può far perdere il desiderio di caccia ad un cane saziandolo: l’ istinto è a cacciare, non a mangiare
La gerarchia dei moduli comportamentali e l’ innesco del comportamento secondario: Nel fringuello- picchio il “comportamento di mangiare” è stimolato dall’ istinto a frugare e non viceversa.
La valenza, nella riduzione dell’arausal , della presa alimentare come attività dislocata.
La riduzione del ristagno alimentare e la disinibizione appetitiva econdaria ( concetto restrizione- disinibizione)
La legge di sommazione degli stimoli e meccanismo scatenante innato nella presa alimentare
La definizione dei limiti nell’ istinto alimentare:, la teleonomia in un mondo probabile, senza limiti superiori e forti limiti inferiori
La definizione della specificità nell’ istinto alimentare; per l’ uomo ancestrale era positivo seguire l’ informazione di stimoli scatenanti innati aperti da un lato: cibo più grasso,,più dolce, con meno zavorra
La situazione di inquietudine che un comportamento non eseguito provoca in un organismo e lo induce a ricercare attivamente la combinazione di stimoli scatenanti ( appetitive behaviour ) in genere collegati ad apprendimenti ( condizionati ) - response conditioned by reinfororcementL’ appetizione condizionata (alimentare) di condizioni di quiete in risposta a stimoli di disturbo incondizionati.
La sommazione degli Stimoli e la multifinalità del comportamento alimentare (fini sociali)
I modelli sperimentali animali di induzione di comportamenti alimentari disadattivi ed i loro fondamenti neurobiologici.
Bibliografia.
(1) Vergleichende Vereraltensforschung: grundlagen der ethologie- 1978 Springer Varlag - Wien
(2) Eibl- Eibesfeldt I- I fondamenti dell’ etologia Adelphi, Milano 1976