MCP12.
La valutazione dei disturbi dell’immagine corporea Centro per i Disturbi Alimentari, S.Vito al Tagliamento, ASL n.6 “Friuli occidentale”
Luxardi GL
Introduzione. Storicamente, la riflessione sul concetto di immagine corporea si è dispiegata su linee non omgenee e spesso divergenti. Questo fatto, derivante dalla pluralità degli approcci al problema (neurologico, psichiatrico, psicodinamico, fenomenologico, sociologico, psicosociale, ecc), ha prodotto una serie di costrutti differenti, dai confini incerti e dalle ampie zone di sovrapposizione, che non hanno contribuito a chiarificare il concetto e a favorirne la dimensione applicativa. Nel tempo, soprattutto a causa della diffusione dei disturbi alimentari (per quanto il disturbo dell’immagine corporea non sia esclusivo appannaggio di queste patologie), si è giunti ad una maggior sistematizzazione della teoria. Il risultato è l’inclusione di tutte le rappresentazioni all’interno di due concetti fondamentali: schema corporeo e immagine corporea.
Schema corporeo. Si intende la rappresentazione delle caratteristiche spaziali del proprio corpo, che l’individuo ricava a partire dagli organi di senso. Si tratta dell’insieme delle percezioni relative alla posizione del corpo nello spazio, rappresentate a livello cerebrale in un’area specifica. Lo schema corporeo si delinea nell’individuo attraverso l’elaborazione corticale degli stimoli intra ed extra-corporei a livello dell’apparato senso-motorio. Siamo all’interno di una cornice concettuale di tipo neurologico.
Immagine corporea. Si intende il modo in cui il soggetto sperimenta e considera il proprio corpo. La definizione classica di Shilder, del 1935, la qualifica come “ l’immagine del nostro corpo che ci formiamo nella nostra mente, cioè il modo in cui il nostro corpo ci appare”. In modo più estensivo, Il nucleo centrale dell’immagine corporea sarebbe composto da elementi cognitivi (idee sulle dimensioni corporee e sull’aspetto fisico) e affettivi (effetti dell’aspetto fisico nella vita quotidiana e nelle relazioni sociali) in interazione tra loro.
Disturbo dell’immagine corporea. viene così definito da Thompson: “uno stato persistente di insoddisfazione, preoccupazione e disagio correlato ad un aspetto dell’apparenza. Un certo grado di malfunzionamento nelle relazioni sociali, nelle attività sociali o nel funzionamento lavorativo deve essere presente”
Dalla teoria alla misurazione. Alla varietà delle formulazioni teoriche ha corrisposto la proliferazione di numerosi strumenti di valutazione della percezione e della distorsione dell’immagine corporea. Ciò ha comportato diverse misure e diversi risultati, che non hanno facilitato il lavoro dei clinici. I risultati delle indagini sui pazienti con DA non sono omogenei: non tutti gli studi riportati in letteratura hanno rilevato una reale sovrastima delle dimensioni del proprio corpo. Allo stato delle attuali conoscenze, la sovrastima dell’immagine corporea parrebbe essere un fenomeno sostanzialmente debole, instabile, che non ci autorizzerebbe ad elevarlo con certezza a caratteristica patognomonica dei disturbi alimentari.
Strumenti di valutazione. Possiamo dividerli in due categorie: strumenti percettivi, che valutano la componente percettiva o sensoriale dell’immagine corporea e strumenti soggettivi, che indagano gli atteggiamenti, le emozioni e le credenze relative all’apparenza fisica. Anche i metodi di indagine sono differenti: per la componente percettiva sono stati in passato utilizzati metodi visivi di video-distorsione (Tecnica del Calibro Mobile), attualmente esistono metodi digitali di simulazione (Computer Aided Video Simulation), tra cui possono essere ricordati la Metodologia di Detezione del Segnale, il Metodo degli Stimoli Costanti, la Adaptive Probit Estimation, tutti sviluppati da Gardner, e il Body Image Revealer di Mian. Tra gli strumenti che valutano la componente soggettiva troviamo questionari autosomministrati, interviste, silhouettes (figure rating scales). Le silhouettes indagano la differenza tra le caratteristiche corporee che il soggetto si attribuisce e quelle ideali. Tra i questionari autosomministrati ve ne sono alcuni che indagano in particolare il livello di soddisfazione globale, come le sottoscale desiderio di magrezza e insoddisfazione corporea dell’EDI-3; il Body Attitude Test; Il Body Shape Questionnaire; la Body Cathexis Scale; il Multidimensional Body-self Relations Questionnaire. Altri questionari indagano gli aspetti comportamentali: il Body Image Avoidance Questionnaire valuta i comportamenti di evitamento in situazioni sociali; il Physical Appearance Related Teasing Scale misura l’influenza che il rifiuto degli altri ha sull’atteggiamento verso il corpo. Il Body Uneasiness Test, un test costruito in Italia, indaga in maniera globale le componenti cognitive, emotive e comportamentali del disagio corporeo.
Conclusioni. I punti critici a carico degli strumenti per la valutazione dell’immagine corporea sono importanti. Oltre alla scarsa stabilità del costrutto, gli strumenti sono influenzati dal tono dell’umore, cosicché la sensibilità del soggetto verso questi temi potrebbe può essere amplificata o diminuita. Considerando che la letteratura ci indica una distribuzione disomogenea del disturbo dell’immagine corporea tra chi soffre di un DA, appare cruciale che la ricerca progredisca nella messa a punto di strumenti efficaci a individuarne il sottogruppo.
Bibliografia.
1. Molinari E, Riva G (2004) “Psicologia clinica dell'obesità” Bollati Boringhieri.
2. Legrand, D (2010) “Subjective and physical dimensions of bodily selfconsciousness, and their dis-integration in anorexia nervosa” Neuropsychologia 48, 726-737.
3. Cash TF, Pruzinsky T (2001) “Measuring Body Image among Adolescent and Adults” In: Cash TF, Pruzinsky T Eds, A handbook of theory, research & clinical practice, New York, Guilford Press, pp 142-154.
4. Thompson JK, Smolak L (2001) “Body image, eating disorders, and obesity in youth: assessment, prevention, and treatment”, American Psychological Association, Washington, CD.
5. Pattini P, Marelli I (2000) “Strumenti diagnostici per la valutazione percettivo-cognitiva del disturbo dell’immagine corporea” In Zappa LE, Alice in fuga dallo specchio, Franco Angeli, pp 109-126.
6. Mian E, Gerbino W (2009) “Body Image Assessment in the Computer Aided Psychological Support for Eating Disorders. Frontiers in Neuroengineering” Annual CyberTherapy and CyberPsychology Conference, Verbania.
La valutazione dei disturbi dell’immagine corporea Centro per i Disturbi Alimentari, S.Vito al Tagliamento, ASL n.6 “Friuli occidentale”
Luxardi GL
Introduzione. Storicamente, la riflessione sul concetto di immagine corporea si è dispiegata su linee non omgenee e spesso divergenti. Questo fatto, derivante dalla pluralità degli approcci al problema (neurologico, psichiatrico, psicodinamico, fenomenologico, sociologico, psicosociale, ecc), ha prodotto una serie di costrutti differenti, dai confini incerti e dalle ampie zone di sovrapposizione, che non hanno contribuito a chiarificare il concetto e a favorirne la dimensione applicativa. Nel tempo, soprattutto a causa della diffusione dei disturbi alimentari (per quanto il disturbo dell’immagine corporea non sia esclusivo appannaggio di queste patologie), si è giunti ad una maggior sistematizzazione della teoria. Il risultato è l’inclusione di tutte le rappresentazioni all’interno di due concetti fondamentali: schema corporeo e immagine corporea.
Schema corporeo. Si intende la rappresentazione delle caratteristiche spaziali del proprio corpo, che l’individuo ricava a partire dagli organi di senso. Si tratta dell’insieme delle percezioni relative alla posizione del corpo nello spazio, rappresentate a livello cerebrale in un’area specifica. Lo schema corporeo si delinea nell’individuo attraverso l’elaborazione corticale degli stimoli intra ed extra-corporei a livello dell’apparato senso-motorio. Siamo all’interno di una cornice concettuale di tipo neurologico.
Immagine corporea. Si intende il modo in cui il soggetto sperimenta e considera il proprio corpo. La definizione classica di Shilder, del 1935, la qualifica come “ l’immagine del nostro corpo che ci formiamo nella nostra mente, cioè il modo in cui il nostro corpo ci appare”. In modo più estensivo, Il nucleo centrale dell’immagine corporea sarebbe composto da elementi cognitivi (idee sulle dimensioni corporee e sull’aspetto fisico) e affettivi (effetti dell’aspetto fisico nella vita quotidiana e nelle relazioni sociali) in interazione tra loro.
Disturbo dell’immagine corporea. viene così definito da Thompson: “uno stato persistente di insoddisfazione, preoccupazione e disagio correlato ad un aspetto dell’apparenza. Un certo grado di malfunzionamento nelle relazioni sociali, nelle attività sociali o nel funzionamento lavorativo deve essere presente”
Dalla teoria alla misurazione. Alla varietà delle formulazioni teoriche ha corrisposto la proliferazione di numerosi strumenti di valutazione della percezione e della distorsione dell’immagine corporea. Ciò ha comportato diverse misure e diversi risultati, che non hanno facilitato il lavoro dei clinici. I risultati delle indagini sui pazienti con DA non sono omogenei: non tutti gli studi riportati in letteratura hanno rilevato una reale sovrastima delle dimensioni del proprio corpo. Allo stato delle attuali conoscenze, la sovrastima dell’immagine corporea parrebbe essere un fenomeno sostanzialmente debole, instabile, che non ci autorizzerebbe ad elevarlo con certezza a caratteristica patognomonica dei disturbi alimentari.
Strumenti di valutazione. Possiamo dividerli in due categorie: strumenti percettivi, che valutano la componente percettiva o sensoriale dell’immagine corporea e strumenti soggettivi, che indagano gli atteggiamenti, le emozioni e le credenze relative all’apparenza fisica. Anche i metodi di indagine sono differenti: per la componente percettiva sono stati in passato utilizzati metodi visivi di video-distorsione (Tecnica del Calibro Mobile), attualmente esistono metodi digitali di simulazione (Computer Aided Video Simulation), tra cui possono essere ricordati la Metodologia di Detezione del Segnale, il Metodo degli Stimoli Costanti, la Adaptive Probit Estimation, tutti sviluppati da Gardner, e il Body Image Revealer di Mian. Tra gli strumenti che valutano la componente soggettiva troviamo questionari autosomministrati, interviste, silhouettes (figure rating scales). Le silhouettes indagano la differenza tra le caratteristiche corporee che il soggetto si attribuisce e quelle ideali. Tra i questionari autosomministrati ve ne sono alcuni che indagano in particolare il livello di soddisfazione globale, come le sottoscale desiderio di magrezza e insoddisfazione corporea dell’EDI-3; il Body Attitude Test; Il Body Shape Questionnaire; la Body Cathexis Scale; il Multidimensional Body-self Relations Questionnaire. Altri questionari indagano gli aspetti comportamentali: il Body Image Avoidance Questionnaire valuta i comportamenti di evitamento in situazioni sociali; il Physical Appearance Related Teasing Scale misura l’influenza che il rifiuto degli altri ha sull’atteggiamento verso il corpo. Il Body Uneasiness Test, un test costruito in Italia, indaga in maniera globale le componenti cognitive, emotive e comportamentali del disagio corporeo.
Conclusioni. I punti critici a carico degli strumenti per la valutazione dell’immagine corporea sono importanti. Oltre alla scarsa stabilità del costrutto, gli strumenti sono influenzati dal tono dell’umore, cosicché la sensibilità del soggetto verso questi temi potrebbe può essere amplificata o diminuita. Considerando che la letteratura ci indica una distribuzione disomogenea del disturbo dell’immagine corporea tra chi soffre di un DA, appare cruciale che la ricerca progredisca nella messa a punto di strumenti efficaci a individuarne il sottogruppo.
Bibliografia.
1. Molinari E, Riva G (2004) “Psicologia clinica dell'obesità” Bollati Boringhieri.
2. Legrand, D (2010) “Subjective and physical dimensions of bodily selfconsciousness, and their dis-integration in anorexia nervosa” Neuropsychologia 48, 726-737.
3. Cash TF, Pruzinsky T (2001) “Measuring Body Image among Adolescent and Adults” In: Cash TF, Pruzinsky T Eds, A handbook of theory, research & clinical practice, New York, Guilford Press, pp 142-154.
4. Thompson JK, Smolak L (2001) “Body image, eating disorders, and obesity in youth: assessment, prevention, and treatment”, American Psychological Association, Washington, CD.
5. Pattini P, Marelli I (2000) “Strumenti diagnostici per la valutazione percettivo-cognitiva del disturbo dell’immagine corporea” In Zappa LE, Alice in fuga dallo specchio, Franco Angeli, pp 109-126.
6. Mian E, Gerbino W (2009) “Body Image Assessment in the Computer Aided Psychological Support for Eating Disorders. Frontiers in Neuroengineering” Annual CyberTherapy and CyberPsychology Conference, Verbania.