MCP.15.
Il problema della motivazione
Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona
Minniti A
Premesse. Il problema della motivazione al cambiamento appartiene a buona parte dell’ambiente sanitario. Ritrovarsi davanti a un paziente molto ambivalente rispetto la sua malattia e le azioni necessarie per la guarigione è un’esperienza comune per gli operatori sanitari. L’ambivalenza riveste un ruolo particolare in alcune patologie tra le quali ritroviamo anche i Disturbi dell’Alimentazione (DA) e l’Obesità.
Nel trattamento di queste patologie i cambiamenti che vengono richiesti a questi pazienti prevedono modificazioni sostanziali dello stile di vita che, seppur desiderabili perchè permetterebbero di uscire dal circolo vizioso della patologia con un sensibile miglioramento della qualità di vita, determinano in chi le deve attuare forte ansia e resistenza.
Conoscenze. L’analisi dei risultati nella terapia dei DA dimostra quest’ambivalenza: tipicamente la paziente che soffre di un DA difficilmente aderisce al trattamento; una delle sfide maggiori nella terapia dei DA e dell’obesità, infatti, riguarda l’elevato drop out dei pazienti. Per questi motivi, fin dagli anni 90 l’interesse per le dinamiche motivazionali è aumentato sensibilmente soprattutto per le teorie sulla motivazione che non prevedono interventi coercitivi e autoritari ma piuttosto interventi basati sulla relazione terapeutica, i quali concepiscono la motivazione come una disposizione al cambiamento in continuo divenire, che può essere efficacemente influenzata da un approccio basato sull’empatia e la collaborazione. Tra gli approcci motivazionali che sono stati sviluppati e utilizzati nell’ambito dei DA ritroviamo l’Intervista Motivazionale (IM) (1) e il Modello Transdiagnostico del Cambiamento (MTC) (2).
Aspetti Concettuali. Nell’IM (1) la motivazione è concepita come uno stato dinamico e viene definita come “la probabilità che una persona inizi, continui e aderisca a una specifica strategia di cambiamento”. La motivazione è determinata da diverse variabili che non dipendono esclusivamente dalla persona e per questo è suscettibile di venire influenzata (3). Con questo obiettivo Miller e Rollnick hanno messo a punto l’IM che suggerisce strategie efficaci per aiutare il paziente a diventare un partecipante attivo nella terapia. Il ruolo del terapeuta in questo contesto è quello di rafforzare la motivazione intrinseca del paziente attraverso alcune azioni fondamentali che sono: esprimere empatia, sviluppare la discrepanza, aumentare l’autoefficacia e sciogliere la resistenza.
Prendendo spunto dall’IM (4) è stato utilizzato anche il dialogo socratico come strumento per aumentare la motivazione al cambiamento nei DA. Il compito di questa strategia, che tanto caratterizza anche la Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC), è quello di offrire supporto nel processo di presa di consapevolezza da parte del paziente delle origini dei suoi sintomi e dei pro e contro del cambiamento (5).
Un altro modello popolare nello studio della motivazione nei DA è il MTC (2). Il primo obiettivo di questo modello è di descrivere gli stadi attraverso i quali le persone devono passare per cambiare dei comportamenti disfunzionali come accade nei DA. Tali stadi sono la precontemplazione (inconsapevolezza del problema e della necessità di cambiamento), la contemplazione (consapevolezza del problema e ambivalenza di fronte al cambiamento), la determinazione (sentirsi pronti al cambiamento e necessità di trovare strategie efficaci) l’azione (messa in atto dei cambiamenti) e il mantenimento (consolidare i cambiamenti ottenuti). Il processo è dinamico e circolare, per cui i pazienti si trovano spesso a percorrere più volte questi stadi e quindi la ricaduta viene considerata come un passaggio quasi obbligato nel percorso di cambiamento, ma viene vista anche come un fattore non necessariamente negativo dal quale poter anche imparare qualcosa. DiClemente (6) afferma che il compito del clinico è quello di aiutare il paziente a raggiungere gli stadi più elevati del processo aumentando la sua motivazione interna a discapito di quella esterna. Tutti questi approcci condividono alcune importanti caratteristiche: a) sono concordi nel ritenere che i pazienti con DA possiedono le capacità di risolvere i propri problemi e il clinico può assumere un ruolo cruciale in questo processo; b) sono principalmente focalizzati sulla relazione terapeuta/paziente piuttosto che sui contenuti; c) condividono il concetto che il principale obiettivo dell’intervento terapeutico sia incoraggiare una partecipazione attiva da parte del paziente; d) la motivazione non è vista come una statica caratteristica personale ma uno stato dinamico che può essere influenzato dall’esterno.
Obiettivi. Durante questo minicorso di perfezionamento verranno analizzati nel dettaglio gli approcci brevemente descritti sopra, con particolare attenzione alle evidenze scientifiche relative alla loro efficacia nel trattamento dei DA, i benefici ma anche le critiche mosse a tali approcci; infine verrà data particolare rilevanza agli aspetti clinici e alle strategie terapeutiche utilizzate.
Aspetti metodologici. A seconda del modello teorico che si è scelto come cornice per l’approccio motivazionale possono essere utilizzate diverse strategie d’intervento. Seguendo un’impostazione basata sul MTC e l’IM vengono utilizzate strategie diverse a seconda della fase nella quale si trova l’interlocutore. Nello stadio della precontemplazione sarà importante insinuare il dubbio e la percezione dei rischi del comportamento attuale; durante la contemplazione l’analisi dei costi e benefici sarà determinante per far pendere la bilancia decisionale verso il cambiamento, così come aumentare il senso di autoefficacia; se il paziente si trova nella fase della determinazione il terapeuta dovrà aiutarlo a programmare un’azione di cambiamento fattibile e concreta, mentre durante l’azione sarà necessario che gli fornisca una rosa di tecniche da utilizzare per attuare il cambiamento (auto-monitoraggio, problem-solving, ecc); infine, durante il mantenimento dovrà dargli un supporto nell’identificare le situazioni a rischio di ricaduta oppure, se la ricaduta c’è stata, aiutarlo ad analizzarne le cause e riavviare il processo.
Risultati. I dati della letteratura, seppur con qualche eccezione, sembrano sostenere l’utilità degli approcci motivazionali nel percorso terapeutico dei DA e dell’obesità (7,8).
Discussione. Gli interventi motivazionali sono una risorsa importante e, da un certo punto di vista, irrinunciabile nel processo di cambiamento implicato nel trattamento dei DA e dell’obesità. Tali approcci però per essere efficaci richiedono delle abilità specifiche dell’operatore quali l’empatia, la capacità di ascolto, di dare i giusti feedback, di rispecchiare i sentimenti e pensieri dell’interlocutore e così via. Ciò che il terapeuta deve tenere sempre presente è che il suo ruolo è quello di guidare il paziente verso una maggiore autonomia decisionale e non di decidere per lui.
Conclusioni. Il MTC e l’IM sono un utile modello di riferimento e un valido insieme di strategie d’intervento da utilizzare per favorire la motivazione al cambiamento. Tali approcci sicuramente richiedono un certo investimento di risorse da parte dell’operatore, che però verrà ripagato in termini di maggiore aderenza al trattamento e minore drop-out.
Bibliografia.
1. Miller WR, Rollnick S (1991) “Motivational interviewing: preparing people to change addictive behavior” New York, Guilford Press.
2. Prochaska JO, DiClemente CC (1982) “Tanstheoretical Therapy: toward a more integrative model of change” Psychotherapy: theory, research and practice 19, 276-288.
3. Bauer B, Ventura M (1998) “Oltre la dieta. Una nuova cultura per i disturbi alimentari” Torino, Centro Scientifico Editore.
4. Vitousek K, Watson S, Wilson GT (1998) “Enhancing motivation for change in treatment-resistant eating disorders” Clinical Psychology Review 18, 391-420.
5. Vansteenkiste M, Soenens B, Vandereycken W (2005) “Motivation to change in eating disorder patients: a conceptual clarification on the basis of self-determination theory” Int J Eat Disord 37, 207-219.
6. DiClemente CC (1999) “Motivation for change: implications for substance abuse treatment” Psychological Science 10, 209-213.
7. Wade TD, Frayne A, Edwards SA, Robertson T, Gilchrist P (2009) “Motivational change in an inpatient anorexia nervosa population and implications for treatment” Aust N Z J Psychiatry 43(3): 235-243.
8. Cassin SE, von Ranson KM, Heng K, Brar j, Wojtowicz AE (2008) “Adapted motivational interviewing for women with binge eating disorder: a randomized controlled trial” Psychol addict Behav 22(3): 417-425.
Il problema della motivazione
Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona
Minniti A
Premesse. Il problema della motivazione al cambiamento appartiene a buona parte dell’ambiente sanitario. Ritrovarsi davanti a un paziente molto ambivalente rispetto la sua malattia e le azioni necessarie per la guarigione è un’esperienza comune per gli operatori sanitari. L’ambivalenza riveste un ruolo particolare in alcune patologie tra le quali ritroviamo anche i Disturbi dell’Alimentazione (DA) e l’Obesità.
Nel trattamento di queste patologie i cambiamenti che vengono richiesti a questi pazienti prevedono modificazioni sostanziali dello stile di vita che, seppur desiderabili perchè permetterebbero di uscire dal circolo vizioso della patologia con un sensibile miglioramento della qualità di vita, determinano in chi le deve attuare forte ansia e resistenza.
Conoscenze. L’analisi dei risultati nella terapia dei DA dimostra quest’ambivalenza: tipicamente la paziente che soffre di un DA difficilmente aderisce al trattamento; una delle sfide maggiori nella terapia dei DA e dell’obesità, infatti, riguarda l’elevato drop out dei pazienti. Per questi motivi, fin dagli anni 90 l’interesse per le dinamiche motivazionali è aumentato sensibilmente soprattutto per le teorie sulla motivazione che non prevedono interventi coercitivi e autoritari ma piuttosto interventi basati sulla relazione terapeutica, i quali concepiscono la motivazione come una disposizione al cambiamento in continuo divenire, che può essere efficacemente influenzata da un approccio basato sull’empatia e la collaborazione. Tra gli approcci motivazionali che sono stati sviluppati e utilizzati nell’ambito dei DA ritroviamo l’Intervista Motivazionale (IM) (1) e il Modello Transdiagnostico del Cambiamento (MTC) (2).
Aspetti Concettuali. Nell’IM (1) la motivazione è concepita come uno stato dinamico e viene definita come “la probabilità che una persona inizi, continui e aderisca a una specifica strategia di cambiamento”. La motivazione è determinata da diverse variabili che non dipendono esclusivamente dalla persona e per questo è suscettibile di venire influenzata (3). Con questo obiettivo Miller e Rollnick hanno messo a punto l’IM che suggerisce strategie efficaci per aiutare il paziente a diventare un partecipante attivo nella terapia. Il ruolo del terapeuta in questo contesto è quello di rafforzare la motivazione intrinseca del paziente attraverso alcune azioni fondamentali che sono: esprimere empatia, sviluppare la discrepanza, aumentare l’autoefficacia e sciogliere la resistenza.
Prendendo spunto dall’IM (4) è stato utilizzato anche il dialogo socratico come strumento per aumentare la motivazione al cambiamento nei DA. Il compito di questa strategia, che tanto caratterizza anche la Terapia Cognitivo Comportamentale (TCC), è quello di offrire supporto nel processo di presa di consapevolezza da parte del paziente delle origini dei suoi sintomi e dei pro e contro del cambiamento (5).
Un altro modello popolare nello studio della motivazione nei DA è il MTC (2). Il primo obiettivo di questo modello è di descrivere gli stadi attraverso i quali le persone devono passare per cambiare dei comportamenti disfunzionali come accade nei DA. Tali stadi sono la precontemplazione (inconsapevolezza del problema e della necessità di cambiamento), la contemplazione (consapevolezza del problema e ambivalenza di fronte al cambiamento), la determinazione (sentirsi pronti al cambiamento e necessità di trovare strategie efficaci) l’azione (messa in atto dei cambiamenti) e il mantenimento (consolidare i cambiamenti ottenuti). Il processo è dinamico e circolare, per cui i pazienti si trovano spesso a percorrere più volte questi stadi e quindi la ricaduta viene considerata come un passaggio quasi obbligato nel percorso di cambiamento, ma viene vista anche come un fattore non necessariamente negativo dal quale poter anche imparare qualcosa. DiClemente (6) afferma che il compito del clinico è quello di aiutare il paziente a raggiungere gli stadi più elevati del processo aumentando la sua motivazione interna a discapito di quella esterna. Tutti questi approcci condividono alcune importanti caratteristiche: a) sono concordi nel ritenere che i pazienti con DA possiedono le capacità di risolvere i propri problemi e il clinico può assumere un ruolo cruciale in questo processo; b) sono principalmente focalizzati sulla relazione terapeuta/paziente piuttosto che sui contenuti; c) condividono il concetto che il principale obiettivo dell’intervento terapeutico sia incoraggiare una partecipazione attiva da parte del paziente; d) la motivazione non è vista come una statica caratteristica personale ma uno stato dinamico che può essere influenzato dall’esterno.
Obiettivi. Durante questo minicorso di perfezionamento verranno analizzati nel dettaglio gli approcci brevemente descritti sopra, con particolare attenzione alle evidenze scientifiche relative alla loro efficacia nel trattamento dei DA, i benefici ma anche le critiche mosse a tali approcci; infine verrà data particolare rilevanza agli aspetti clinici e alle strategie terapeutiche utilizzate.
Aspetti metodologici. A seconda del modello teorico che si è scelto come cornice per l’approccio motivazionale possono essere utilizzate diverse strategie d’intervento. Seguendo un’impostazione basata sul MTC e l’IM vengono utilizzate strategie diverse a seconda della fase nella quale si trova l’interlocutore. Nello stadio della precontemplazione sarà importante insinuare il dubbio e la percezione dei rischi del comportamento attuale; durante la contemplazione l’analisi dei costi e benefici sarà determinante per far pendere la bilancia decisionale verso il cambiamento, così come aumentare il senso di autoefficacia; se il paziente si trova nella fase della determinazione il terapeuta dovrà aiutarlo a programmare un’azione di cambiamento fattibile e concreta, mentre durante l’azione sarà necessario che gli fornisca una rosa di tecniche da utilizzare per attuare il cambiamento (auto-monitoraggio, problem-solving, ecc); infine, durante il mantenimento dovrà dargli un supporto nell’identificare le situazioni a rischio di ricaduta oppure, se la ricaduta c’è stata, aiutarlo ad analizzarne le cause e riavviare il processo.
Risultati. I dati della letteratura, seppur con qualche eccezione, sembrano sostenere l’utilità degli approcci motivazionali nel percorso terapeutico dei DA e dell’obesità (7,8).
Discussione. Gli interventi motivazionali sono una risorsa importante e, da un certo punto di vista, irrinunciabile nel processo di cambiamento implicato nel trattamento dei DA e dell’obesità. Tali approcci però per essere efficaci richiedono delle abilità specifiche dell’operatore quali l’empatia, la capacità di ascolto, di dare i giusti feedback, di rispecchiare i sentimenti e pensieri dell’interlocutore e così via. Ciò che il terapeuta deve tenere sempre presente è che il suo ruolo è quello di guidare il paziente verso una maggiore autonomia decisionale e non di decidere per lui.
Conclusioni. Il MTC e l’IM sono un utile modello di riferimento e un valido insieme di strategie d’intervento da utilizzare per favorire la motivazione al cambiamento. Tali approcci sicuramente richiedono un certo investimento di risorse da parte dell’operatore, che però verrà ripagato in termini di maggiore aderenza al trattamento e minore drop-out.
Bibliografia.
1. Miller WR, Rollnick S (1991) “Motivational interviewing: preparing people to change addictive behavior” New York, Guilford Press.
2. Prochaska JO, DiClemente CC (1982) “Tanstheoretical Therapy: toward a more integrative model of change” Psychotherapy: theory, research and practice 19, 276-288.
3. Bauer B, Ventura M (1998) “Oltre la dieta. Una nuova cultura per i disturbi alimentari” Torino, Centro Scientifico Editore.
4. Vitousek K, Watson S, Wilson GT (1998) “Enhancing motivation for change in treatment-resistant eating disorders” Clinical Psychology Review 18, 391-420.
5. Vansteenkiste M, Soenens B, Vandereycken W (2005) “Motivation to change in eating disorder patients: a conceptual clarification on the basis of self-determination theory” Int J Eat Disord 37, 207-219.
6. DiClemente CC (1999) “Motivation for change: implications for substance abuse treatment” Psychological Science 10, 209-213.
7. Wade TD, Frayne A, Edwards SA, Robertson T, Gilchrist P (2009) “Motivational change in an inpatient anorexia nervosa population and implications for treatment” Aust N Z J Psychiatry 43(3): 235-243.
8. Cassin SE, von Ranson KM, Heng K, Brar j, Wojtowicz AE (2008) “Adapted motivational interviewing for women with binge eating disorder: a randomized controlled trial” Psychol addict Behav 22(3): 417-425.