MCP.17.
L’Educazione terapeutica orientata ai DA
Università di Roma La Sapienza, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia Medica ed Endocrinologia
Prosperi E
Premessa. La medicina occidentale ha focalizzato la sua attenzione sulla malattia e sugli organi escludendo così il malato da ogni decisione e dai processi di cura. La persona affetta da una malattia cronica non si sente sana ma nemmeno malata in quanto la patologia è spesso silente. Questo è ancor più vero nei pazienti obesi e in molti disturbi del comportamento alimentare. La ricerca, da parte del paziente, di un taumaturgo in grado di risolvere miracolosamente il problema trova spesso terreno fertile nel narcisismo salvifico di molti medici. La deresponsabilizzazione ricercata e trovata diventa però, per il paziente, un boomerang nel momento in cui si trova a dover subire mille imposizioni e divieti. L’educazione terapeutica si pone l’obiettivo di restituire al paziente un ruolo attivo per quanto riguarda la cura e lo stile di vita. Il medico per avvicinarsi a questo approccio umanistico, che vuole mettere al primo posto la persona e non la malattia, deve imparare a spogliarsi del suo eccessivo tecnicismo e aiutare il paziente a ritrovare il suo percorso di vita.
Obiettivi.Sono quelli di migliorare lo stato di salute dei pazienti e soprattutto di favorire la loro autonomia di scelta e il loro senso di responsabilità. Per modificare comportamenti disfunzionali non è sufficiente fornire nuove informazioni, ma è necessario conoscere le cosiddette teorie ingenue dei pazienti, le soluzioni tentate, ciò che rende difficile un cambiamento. Il rischio è quello di andare incontro a quello che Watzlawick ha definito “semplificazioni terribili” tipo “è sufficiente che...”. È importante quindi saper ascoltare i pazienti, senza giudicare, senza dare un'immediata soluzione, ma permettendo loro di descrivere le proprie sensazioni. Il conduttore di un gruppo di educazione terapeutica non deve assumere il ruolo dello specialista saccente che impartisce una lezione ai suoi discepoli, ma ricordarsi che i partecipanti hanno delle proprie conoscenze, idee, vissuti. Dovrà quindi aiutare i pazienti a riflettere sulle loro precedenti esperienze, sugli sforzi effettuati per controllare il cibo e sui risultati di questi sforzi, comprendere le loro preoccupazioni, i loro stati d’animo, ciò che vogliono e cosa fanno per ottenerlo.
I pazienti con problemi alimentari hanno dei pensieri su se stessi molto negativi e critici, con idee errate e non realistiche legate al peso, al cibo e alla dieta. È importante aiutarli a comprendere chiaramente le emozioni che provano rispetto alle esperienze vissute e i pensieri che hanno in rapporto ad eventi della propria vita. Prestare attenzione è il primo passo per vivere consapevolmente le proprie sensazioni interne e prendere coscienza dei pensieri con cui costruiscono un significato alla realtà. É importante creare un ambiente che validi le emozioni provate dai partecipanti, aiutandoli a non vederle più come giuste o sbagliate. Questo può aiutare i pazienti a tollerare gli stress emotivi e a considerare le proprie risposte emozionali come una corretta interpretazione degli eventi.
Conclusioni. L'Educazione terapeutica applicata all'obesità e ai Disturbi Alimentari necessita ancora di ulteriori verifiche. I primi risultati incoraggianti ed i commenti anonimi rilasciati nei questionari di valutazione, dai partecipanti a gruppi svolti presso l'Università di Roma La Sapienza, devono incoraggiarci a perseguire questa strada che necessita di un aiuto da parte delle Istituzioni. La creazione di equipe multidisciplinari resta ancora il grande problema irrisolto che permetterebbe un ulteriore passo in avanti per la cura di patologie così diffuse.
Bibliografia.
1. Bert G, Quadrino S (2002) “Parole di medici, parole di pazienti” Roma, Casa Editrice Il Pensiero Scientifico Editore
2. Golay A, Lagger G, Giordan A (2010) “Motiver le patient a changer?” Paris, Casa Editrice Maloine
3. Lozupone E (2010) “Medical Humanities per la formazione di area sanitaria” Roma, Casa Editrice Edizioni Nuova Cultura
L’Educazione terapeutica orientata ai DA
Università di Roma La Sapienza, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia Medica ed Endocrinologia
Prosperi E
Premessa. La medicina occidentale ha focalizzato la sua attenzione sulla malattia e sugli organi escludendo così il malato da ogni decisione e dai processi di cura. La persona affetta da una malattia cronica non si sente sana ma nemmeno malata in quanto la patologia è spesso silente. Questo è ancor più vero nei pazienti obesi e in molti disturbi del comportamento alimentare. La ricerca, da parte del paziente, di un taumaturgo in grado di risolvere miracolosamente il problema trova spesso terreno fertile nel narcisismo salvifico di molti medici. La deresponsabilizzazione ricercata e trovata diventa però, per il paziente, un boomerang nel momento in cui si trova a dover subire mille imposizioni e divieti. L’educazione terapeutica si pone l’obiettivo di restituire al paziente un ruolo attivo per quanto riguarda la cura e lo stile di vita. Il medico per avvicinarsi a questo approccio umanistico, che vuole mettere al primo posto la persona e non la malattia, deve imparare a spogliarsi del suo eccessivo tecnicismo e aiutare il paziente a ritrovare il suo percorso di vita.
Obiettivi.Sono quelli di migliorare lo stato di salute dei pazienti e soprattutto di favorire la loro autonomia di scelta e il loro senso di responsabilità. Per modificare comportamenti disfunzionali non è sufficiente fornire nuove informazioni, ma è necessario conoscere le cosiddette teorie ingenue dei pazienti, le soluzioni tentate, ciò che rende difficile un cambiamento. Il rischio è quello di andare incontro a quello che Watzlawick ha definito “semplificazioni terribili” tipo “è sufficiente che...”. È importante quindi saper ascoltare i pazienti, senza giudicare, senza dare un'immediata soluzione, ma permettendo loro di descrivere le proprie sensazioni. Il conduttore di un gruppo di educazione terapeutica non deve assumere il ruolo dello specialista saccente che impartisce una lezione ai suoi discepoli, ma ricordarsi che i partecipanti hanno delle proprie conoscenze, idee, vissuti. Dovrà quindi aiutare i pazienti a riflettere sulle loro precedenti esperienze, sugli sforzi effettuati per controllare il cibo e sui risultati di questi sforzi, comprendere le loro preoccupazioni, i loro stati d’animo, ciò che vogliono e cosa fanno per ottenerlo.
I pazienti con problemi alimentari hanno dei pensieri su se stessi molto negativi e critici, con idee errate e non realistiche legate al peso, al cibo e alla dieta. È importante aiutarli a comprendere chiaramente le emozioni che provano rispetto alle esperienze vissute e i pensieri che hanno in rapporto ad eventi della propria vita. Prestare attenzione è il primo passo per vivere consapevolmente le proprie sensazioni interne e prendere coscienza dei pensieri con cui costruiscono un significato alla realtà. É importante creare un ambiente che validi le emozioni provate dai partecipanti, aiutandoli a non vederle più come giuste o sbagliate. Questo può aiutare i pazienti a tollerare gli stress emotivi e a considerare le proprie risposte emozionali come una corretta interpretazione degli eventi.
Conclusioni. L'Educazione terapeutica applicata all'obesità e ai Disturbi Alimentari necessita ancora di ulteriori verifiche. I primi risultati incoraggianti ed i commenti anonimi rilasciati nei questionari di valutazione, dai partecipanti a gruppi svolti presso l'Università di Roma La Sapienza, devono incoraggiarci a perseguire questa strada che necessita di un aiuto da parte delle Istituzioni. La creazione di equipe multidisciplinari resta ancora il grande problema irrisolto che permetterebbe un ulteriore passo in avanti per la cura di patologie così diffuse.
Bibliografia.
1. Bert G, Quadrino S (2002) “Parole di medici, parole di pazienti” Roma, Casa Editrice Il Pensiero Scientifico Editore
2. Golay A, Lagger G, Giordan A (2010) “Motiver le patient a changer?” Paris, Casa Editrice Maloine
3. Lozupone E (2010) “Medical Humanities per la formazione di area sanitaria” Roma, Casa Editrice Edizioni Nuova Cultura