MCP.08
Come organizzare un Team Multi-disciplinare
AUSL Dipartimento Salute Mentale, Dipartimento Malattie Digestive e Metaboliche, Ambulatorio Multidisciplinare DCA (Ra)
Di Stani M, Buzzi M, Tamburini C, Proto A, Santini D
Introduzione. L’esperienza clinica internazionale, le indicazioni di Linee Guida internazionali (1-2), nonchè l’attività svolta come Responsabile di un Ambulatorio Multidisciplinare DCA dimostrano la indiscutibile necessità che i DCA siano trattati da équipe multidisciplinari, nelle quali siano presenti le diverse competenze specialistiche psichiatriche, psicologiche, internistiche e nutrizionali adeguatamente formate a sviluppare una “capacità di pensiero” e di “contenimento” di cui tali patologie necessitano.
Metodologia. L’approccio da noi adottato è basato sull’applicazione dei principi psicoanalitici, secondo il modello della Tavistock Clinic di Londra (3), che tiene conto del contesto e dell’orientamento sia dell’operatore che dell’équipe, anche di matrice non analitica (sistemica, cognitivista, biosistemica…)e consente agli operatori di riflettere sul rischio di incorrere in trappole controtransferali, fino ad incarnare e agire i meccanismi patologici veicolati dalla patologia
Interdisciplinarietà e lavoro d’équipe nel trattamento dei DA: la necessità di una condivisione
Quando si parla d’integrazione non facciamo solo riferimento all’incontro tra l’area medico-biologica e l’area psicologica, ma anche ad un lavoro integrato all’interno della stessa area.
Basti pensare alle differenti cornici teoriche che inquadrano una terapia familiare sistemico-relazionale, un programma psicoeducativo, una terapia individuale analitica ed una cognitivo-comportamentale, per capire come la diversità di questi approcci potrebbe determinare un rischio di collisione, qualora l’intervento dei diversi terapeuti non si fondi su una possibilità di dialogo e scambio che superi le differenze teoriche.
Il fine è di rendere il loro concorso, da insieme di saperi che operano separatamente nella terapia dei diversi aspetti della sofferenza anoressico/bulimica, in un’unità operativa, l’équipe, capace non solo di interagire in sinergia, ma anche di dar vita ad un fine strumento diagnostico e terapeutico.
Quando, nel corso di tutto l’intervento, i professionisti dell’”area biologica” e dell’”area mentale” riescono a lavorare in modo sinergico, viene attivata anche nella paziente e nella sua famiglia una funzione integratrice e ne viene quindi sollecitata la realizzazione.
La funzione terapeutica del gruppo curante, multidisciplinare, nel trattamento istituzionale dei DA
Da queste prime esperienze, gradualmente, è stata riconosciuta la necessità di darsi un luogo fisico e mentale in cui incontrarsi. La riflessione in gruppo ha mostrato i coinvolgimenti emozionali e con le pazienti e con le famiglie, ed ha trasformato questo coinvolgimento in un momento determinante per la comprensione delle modalità di relazione interna e familiare delle pazienti. Il portare all'interno del gruppo l'ansia dei medici e l'angoscia dello psicoterapeuta e dello psichiatra di fronte a gravi stati di emaciazione, ha modificato la qualità del rapporto con le pazienti e mitigato le reazioni aggressive: ciò ha determinato una riflessione sugli eventi iniziali dell’incontro ed una maggiore comprensione della richiesta di aiuto, del suo senso e delle sue caratteristiche (4).
La riflessione sull’esperienza clinica ha portato al riconoscimento di alcuni meccanismi prevalenti con cui le pazienti con DCA interagiscono con l’ambiente: l’effetto del meccanismo di scissione era evidente per la difficoltà di comunicazione tra l’equipe, la paziente e la famiglia nel definire la patogenesi del disturbo nei limiti del somatico e/o dello psichico con la tendenza ad un rimando di priorità tra gli psicoterapeuti, i medici, i familiari.
Riconoscere la possibilità di attivare dinamiche dipendenti dalle parti scisse del paziente, comporta nel gruppo l’identificazione di un modello teorico e pratico comune. Su questa condizione di base dobbiamo inserire e coniugare le difficoltà determinate dalla complessità dell’intervento, nonché quelle individuali ad identificarsi in un modello mentale collettivo (4).
In ogni caso, il primo compito del gruppo di lavoro è offrire una cornice ampia e temporaneamente esterna, quale nessun singolo curante potrebbe mai offrire individualmente.
Leadership e costruzione dell’equipe. Perché il gruppo di lavoro possa riuscire a svolgere il suo compito primario si delinea il bisogno di una conduzione particolare, in grado di assicurare che l’equipe si ponga tali obiettivi e li persegua. Il problema non riguarda solo la strutturazione o la definizione di un setting individuale o altro, ma la comprensione della cornice di rapporti interistituzionali in cui il paziente è inserito e contenuto. E’ quindi fondamentale che chi detiene la responsabilità del Servizio si ponga il problema di far funzionare il gruppo, non soltanto come macchina operativa, ma anche come sistema di pensiero e di attività condivise sul piano sia affettivo che fantasmatico (5) L’istituzione non è infatti solo un apparato di funzioni organizzative (non sottovalutiamo la garanzia di poter disporre di risorse stabili ed adeguatamente sfruttate, di adeguati processi decisionali, nonchè di pratiche operative e formative condivise), ma è anche un luogo dove si crea una storia comune, si verificano eventi che rimangono nella memoria del gruppo.
La combinazione degli interventi disposta in un unico disegno, diviene così espressione dell’attività mentale del gruppo di lavoro che si offre come un contesto più ampio, il “campo del gruppo” (6), nel quale le trasformazioni nascenti nel rapporto duale sono raccolte ed amplificate, ove diventa possibile attivare uno scenario ricostruttivo del mondo interno del paziente e del suo impatto sull’istituzione (7).
Bibliografia.
1. APA: American Practice Guideline for Treatment of Eating Disorders (2006) Washington DC, APA Press
2. NICE (National Institute for Clinical Excellence) pubblicate dal SSN inglese (2005)
3. Carbone Tirelli L, Mondatori R (2007) “La funzione del ricevere” In: “I disturbi alimentari nell’adolescenza” a cura di Williams G et al, Bruno Mondatori Ed, Milano
4. Jeammet P (2006) In: “I disturbi del comportamento alimentare in adolescenza” a cura di Melideo G, Franco Angeli, Milano
5. Bleger J et al (1991) “L’istituzione e le istituzioni”, Roma, Borla
6. Corneale A (1991) “Il Campo Istituzionale” Borla, Roma
7. Woodbury MA (1966) “L’équipe therapeutique” L’information Psychiatrique 10,1047-142
Come organizzare un Team Multi-disciplinare
AUSL Dipartimento Salute Mentale, Dipartimento Malattie Digestive e Metaboliche, Ambulatorio Multidisciplinare DCA (Ra)
Di Stani M, Buzzi M, Tamburini C, Proto A, Santini D
Introduzione. L’esperienza clinica internazionale, le indicazioni di Linee Guida internazionali (1-2), nonchè l’attività svolta come Responsabile di un Ambulatorio Multidisciplinare DCA dimostrano la indiscutibile necessità che i DCA siano trattati da équipe multidisciplinari, nelle quali siano presenti le diverse competenze specialistiche psichiatriche, psicologiche, internistiche e nutrizionali adeguatamente formate a sviluppare una “capacità di pensiero” e di “contenimento” di cui tali patologie necessitano.
Metodologia. L’approccio da noi adottato è basato sull’applicazione dei principi psicoanalitici, secondo il modello della Tavistock Clinic di Londra (3), che tiene conto del contesto e dell’orientamento sia dell’operatore che dell’équipe, anche di matrice non analitica (sistemica, cognitivista, biosistemica…)e consente agli operatori di riflettere sul rischio di incorrere in trappole controtransferali, fino ad incarnare e agire i meccanismi patologici veicolati dalla patologia
Interdisciplinarietà e lavoro d’équipe nel trattamento dei DA: la necessità di una condivisione
Quando si parla d’integrazione non facciamo solo riferimento all’incontro tra l’area medico-biologica e l’area psicologica, ma anche ad un lavoro integrato all’interno della stessa area.
Basti pensare alle differenti cornici teoriche che inquadrano una terapia familiare sistemico-relazionale, un programma psicoeducativo, una terapia individuale analitica ed una cognitivo-comportamentale, per capire come la diversità di questi approcci potrebbe determinare un rischio di collisione, qualora l’intervento dei diversi terapeuti non si fondi su una possibilità di dialogo e scambio che superi le differenze teoriche.
Il fine è di rendere il loro concorso, da insieme di saperi che operano separatamente nella terapia dei diversi aspetti della sofferenza anoressico/bulimica, in un’unità operativa, l’équipe, capace non solo di interagire in sinergia, ma anche di dar vita ad un fine strumento diagnostico e terapeutico.
Quando, nel corso di tutto l’intervento, i professionisti dell’”area biologica” e dell’”area mentale” riescono a lavorare in modo sinergico, viene attivata anche nella paziente e nella sua famiglia una funzione integratrice e ne viene quindi sollecitata la realizzazione.
La funzione terapeutica del gruppo curante, multidisciplinare, nel trattamento istituzionale dei DA
Da queste prime esperienze, gradualmente, è stata riconosciuta la necessità di darsi un luogo fisico e mentale in cui incontrarsi. La riflessione in gruppo ha mostrato i coinvolgimenti emozionali e con le pazienti e con le famiglie, ed ha trasformato questo coinvolgimento in un momento determinante per la comprensione delle modalità di relazione interna e familiare delle pazienti. Il portare all'interno del gruppo l'ansia dei medici e l'angoscia dello psicoterapeuta e dello psichiatra di fronte a gravi stati di emaciazione, ha modificato la qualità del rapporto con le pazienti e mitigato le reazioni aggressive: ciò ha determinato una riflessione sugli eventi iniziali dell’incontro ed una maggiore comprensione della richiesta di aiuto, del suo senso e delle sue caratteristiche (4).
La riflessione sull’esperienza clinica ha portato al riconoscimento di alcuni meccanismi prevalenti con cui le pazienti con DCA interagiscono con l’ambiente: l’effetto del meccanismo di scissione era evidente per la difficoltà di comunicazione tra l’equipe, la paziente e la famiglia nel definire la patogenesi del disturbo nei limiti del somatico e/o dello psichico con la tendenza ad un rimando di priorità tra gli psicoterapeuti, i medici, i familiari.
Riconoscere la possibilità di attivare dinamiche dipendenti dalle parti scisse del paziente, comporta nel gruppo l’identificazione di un modello teorico e pratico comune. Su questa condizione di base dobbiamo inserire e coniugare le difficoltà determinate dalla complessità dell’intervento, nonché quelle individuali ad identificarsi in un modello mentale collettivo (4).
In ogni caso, il primo compito del gruppo di lavoro è offrire una cornice ampia e temporaneamente esterna, quale nessun singolo curante potrebbe mai offrire individualmente.
Leadership e costruzione dell’equipe. Perché il gruppo di lavoro possa riuscire a svolgere il suo compito primario si delinea il bisogno di una conduzione particolare, in grado di assicurare che l’equipe si ponga tali obiettivi e li persegua. Il problema non riguarda solo la strutturazione o la definizione di un setting individuale o altro, ma la comprensione della cornice di rapporti interistituzionali in cui il paziente è inserito e contenuto. E’ quindi fondamentale che chi detiene la responsabilità del Servizio si ponga il problema di far funzionare il gruppo, non soltanto come macchina operativa, ma anche come sistema di pensiero e di attività condivise sul piano sia affettivo che fantasmatico (5) L’istituzione non è infatti solo un apparato di funzioni organizzative (non sottovalutiamo la garanzia di poter disporre di risorse stabili ed adeguatamente sfruttate, di adeguati processi decisionali, nonchè di pratiche operative e formative condivise), ma è anche un luogo dove si crea una storia comune, si verificano eventi che rimangono nella memoria del gruppo.
La combinazione degli interventi disposta in un unico disegno, diviene così espressione dell’attività mentale del gruppo di lavoro che si offre come un contesto più ampio, il “campo del gruppo” (6), nel quale le trasformazioni nascenti nel rapporto duale sono raccolte ed amplificate, ove diventa possibile attivare uno scenario ricostruttivo del mondo interno del paziente e del suo impatto sull’istituzione (7).
Bibliografia.
1. APA: American Practice Guideline for Treatment of Eating Disorders (2006) Washington DC, APA Press
2. NICE (National Institute for Clinical Excellence) pubblicate dal SSN inglese (2005)
3. Carbone Tirelli L, Mondatori R (2007) “La funzione del ricevere” In: “I disturbi alimentari nell’adolescenza” a cura di Williams G et al, Bruno Mondatori Ed, Milano
4. Jeammet P (2006) In: “I disturbi del comportamento alimentare in adolescenza” a cura di Melideo G, Franco Angeli, Milano
5. Bleger J et al (1991) “L’istituzione e le istituzioni”, Roma, Borla
6. Corneale A (1991) “Il Campo Istituzionale” Borla, Roma
7. Woodbury MA (1966) “L’équipe therapeutique” L’information Psychiatrique 10,1047-142