ML7.
Lo Psicanalista. Psicoterapie o Relazione terapeutica: Alla ricerca della Psiche
Psichiatra - Psicologo analista didatta e docente del Centro Italiano di psicologia Analitica (CIPA) Istituto di Roma – Segretario scientifico SIS-DCA
Caputo G
Introduzione. Ogni psicoterapia a qualunque modello teorico faccia riferimento si fonda sul concetto di attivare nel paziente una risposta psicologica attraverso lo stabilirsi di una relazione. Quando ci troviamo di fronte ad un paziente con DCA ed in particolare un soggetto con anoressia in fase di stato, non è difficile capire che nella sua mente si muove un solo, unico pensiero : quello che riguarda il cibo, il corpo ed il controllo. In apparenza l’unico modo di entrare in una qualche forma di relazione e di accettare il dialogo in questo ambito ristretto,che rischia di diventare confermativo di tale ossessività.
Contenuti. Per poter giovarsi di una relazione psicoterapica è necessario disporre di un campo psicologico che inizialmente questi pazienti non sembrano avere. E’ indispensabile per cogliere tale obiettivo distinguere se questa “assenza” è il risultato della restrizione calorica o se questa condizione è preesistente all’esordio sintomatologico. Nel primo caso un recupero parziale di una dimensione psicologica si ottiene attraverso una riabilitazione nutrizionale anche solo parziale. Vi sono invece altre condizioni in cui il disaggio psicologico a radici evolutive complesse (1). Un DA può essere inteso come il tentativo di stabilire un riparo, una soluzione ad esperienze di profonda angoscia, determinate dalla difficoltà di elaborare le proprie esperienze emotive. Diventa possibile assegnare una risposta concreta e fattiva (almeno in apparenza) all’oscura sofferenza psicologica che si proietta in quel senso di insoddisfazione che il corpo sembra rappresentare e che si può finalmente risolvere. Riuscire attraverso il controllo del cibo (e della fame) a ricondurre il corpo in proprio potere ristabilisce così un equilibrio almeno temporaneo- L’angoscia, il senso di inadeguatezza e vergogna scompare, per essere sostituito da un’efficacia mai provata prima (.Si produce così una vera e propria forma di scissione, rispetto alla realtà che diventa nel tempo la cifra dominante (2).
Le capacità narrative sono limitate così come l’attenzione all’ascolto e la trama emotiva dell’eloquio, che assume una qualche vivacità solo in relazione alle preoccupazioni per il corpo o il cibo. L’atteggiamento relazionale è in genere molto ambivalente e la dimensione intersoggettiva circoscritta alle consuete tematiche del controllo : il pensiero del paziente è spesso altrove con tutto ciò che consegue per la relazione terapeutica (3).
La distanza che il paziente mantiene nei confronti del terapeuta è regolata dall’angoscia evidente di “invasione”. Anche il tentativo più tenace di stabilire un contatto adeguato può fallire di fronte ad un’impenetrabilità persistente. Se questa così grave incapacità relazionale sono tipiche della fase di stato del DA, sono spesso rinforzate nell’ambito di una psicoterapia, ovvero in un’esperienza nella quale si tenta di stabilire un rapporto autentico con il paziente, di andare al di là della rappresentazione sintomatica per raggiungere la dimensione psicologica.
Conclusioni. Intraprendere un percorso psicoterapico con un paziente con DA è dunque impresa ardua perché non si tratta di costruire una relazione speciale fondata sullo sviluppo di una capacità introspettiva, ma di ricostituire spesso una dimensione psichica, che è stata cancellata dai sintomi o che non ha mai avuto un vero e proprio sviluppo adeguato. Ciò prevede il superamento di ogni rigidità teorica, la capacità di saper cambiare le regole del gioco continuamente anche se sempre nel giusto rigore relazionale. Si deve saper costruire la teoria del paziente che abbiamo davanti a noi e solo in seguito può iniziare quella tessitura psicologica necessaria (2).
Riferimenti bibliografici.
1. Beebe B, Lachmann FM (2002) “Infant Research and adult treatment: co-constructing interactions” The Analytic Press
2. Aron L (2004) “Menti che si incontrano” Cortina Ed Milano
3. Bromberg PM (2007) “Clinica del trauma e della dissociazione” Cortina Ed Milano
Lo Psicanalista. Psicoterapie o Relazione terapeutica: Alla ricerca della Psiche
Psichiatra - Psicologo analista didatta e docente del Centro Italiano di psicologia Analitica (CIPA) Istituto di Roma – Segretario scientifico SIS-DCA
Caputo G
Introduzione. Ogni psicoterapia a qualunque modello teorico faccia riferimento si fonda sul concetto di attivare nel paziente una risposta psicologica attraverso lo stabilirsi di una relazione. Quando ci troviamo di fronte ad un paziente con DCA ed in particolare un soggetto con anoressia in fase di stato, non è difficile capire che nella sua mente si muove un solo, unico pensiero : quello che riguarda il cibo, il corpo ed il controllo. In apparenza l’unico modo di entrare in una qualche forma di relazione e di accettare il dialogo in questo ambito ristretto,che rischia di diventare confermativo di tale ossessività.
Contenuti. Per poter giovarsi di una relazione psicoterapica è necessario disporre di un campo psicologico che inizialmente questi pazienti non sembrano avere. E’ indispensabile per cogliere tale obiettivo distinguere se questa “assenza” è il risultato della restrizione calorica o se questa condizione è preesistente all’esordio sintomatologico. Nel primo caso un recupero parziale di una dimensione psicologica si ottiene attraverso una riabilitazione nutrizionale anche solo parziale. Vi sono invece altre condizioni in cui il disaggio psicologico a radici evolutive complesse (1). Un DA può essere inteso come il tentativo di stabilire un riparo, una soluzione ad esperienze di profonda angoscia, determinate dalla difficoltà di elaborare le proprie esperienze emotive. Diventa possibile assegnare una risposta concreta e fattiva (almeno in apparenza) all’oscura sofferenza psicologica che si proietta in quel senso di insoddisfazione che il corpo sembra rappresentare e che si può finalmente risolvere. Riuscire attraverso il controllo del cibo (e della fame) a ricondurre il corpo in proprio potere ristabilisce così un equilibrio almeno temporaneo- L’angoscia, il senso di inadeguatezza e vergogna scompare, per essere sostituito da un’efficacia mai provata prima (.Si produce così una vera e propria forma di scissione, rispetto alla realtà che diventa nel tempo la cifra dominante (2).
Le capacità narrative sono limitate così come l’attenzione all’ascolto e la trama emotiva dell’eloquio, che assume una qualche vivacità solo in relazione alle preoccupazioni per il corpo o il cibo. L’atteggiamento relazionale è in genere molto ambivalente e la dimensione intersoggettiva circoscritta alle consuete tematiche del controllo : il pensiero del paziente è spesso altrove con tutto ciò che consegue per la relazione terapeutica (3).
La distanza che il paziente mantiene nei confronti del terapeuta è regolata dall’angoscia evidente di “invasione”. Anche il tentativo più tenace di stabilire un contatto adeguato può fallire di fronte ad un’impenetrabilità persistente. Se questa così grave incapacità relazionale sono tipiche della fase di stato del DA, sono spesso rinforzate nell’ambito di una psicoterapia, ovvero in un’esperienza nella quale si tenta di stabilire un rapporto autentico con il paziente, di andare al di là della rappresentazione sintomatica per raggiungere la dimensione psicologica.
Conclusioni. Intraprendere un percorso psicoterapico con un paziente con DA è dunque impresa ardua perché non si tratta di costruire una relazione speciale fondata sullo sviluppo di una capacità introspettiva, ma di ricostituire spesso una dimensione psichica, che è stata cancellata dai sintomi o che non ha mai avuto un vero e proprio sviluppo adeguato. Ciò prevede il superamento di ogni rigidità teorica, la capacità di saper cambiare le regole del gioco continuamente anche se sempre nel giusto rigore relazionale. Si deve saper costruire la teoria del paziente che abbiamo davanti a noi e solo in seguito può iniziare quella tessitura psicologica necessaria (2).
Riferimenti bibliografici.
1. Beebe B, Lachmann FM (2002) “Infant Research and adult treatment: co-constructing interactions” The Analytic Press
2. Aron L (2004) “Menti che si incontrano” Cortina Ed Milano
3. Bromberg PM (2007) “Clinica del trauma e della dissociazione” Cortina Ed Milano