MS12.1
La concettualizzazione del disagio psicologico secondo gli approcci di terza generazione: i costrutti di consapevolezza e accettazione.
Servizio Disturbi Alimentari -Ospedale Schio (VI) ULSS 4 – Casa di Cura Villa Margherita – Arcugnano (VI)
Rosillo Y
Premesse/introduzione.nell’ultimo ventennio si è assistito a un notevole incremento di interesse verso le cosiddette “terapie di terza generazione”. Il termine deriva dalla storia della terapia del comportamento che ha visto il suo evolversi prima in terapia Cognitivo-Comportamentale (la seconda generazione) e negli ultimi anni ha assistito ad un sempre più crescente interesse alle strategie di cambiamento contestuali ed esperenziali che spostano l’attenzione dai contenuti ai processi mentali (1,2). Si tratta di interventi che, invece di focalizzarsi sul cambiamento diretto degli eventi mentali, si propongono di cambiare la loro funzione e la relazione che gli individui hanno con essi, mediante strategie quali la mindfulness (consapevolezza), l’accettazione e la defusione cognitiva (1,2).
Aspetti metodologici. La concettualizzazione del disagio psicologico secondo gli approcci di terza generazione si basa fondamentalmente su tre elementi principali, strettamente connessi tra loro (1).
Il primo riguarda il concetto di “fusione” inteso come un processo di identificazione dell’individuo con le proprie esperienze interne.
Il secondo fa riferimento all’"evitamento esperienziale” configurato come un insieme di strategie cognitive e comportamentali finalizzate a modificare la forma o la frequenza delle proprie esperienze interne.
Il terzo elemento è il “restringimento comportamentale” che si verifica quando gli individui, per evitare il contatto con le proprie esperienze interne negative, rinunciano a impegnarsi in azioni indirizzate al raggiungimento dei propri obiettivi personali.
Purtroppo queste strategie, si accompagnano ad un paradossale aumento della sofferenza psicologica dovuto in buona parte al restringimento del repertorio comportamentale che costituisce il terzo elemento nella concettualizzazione dei disturbi psicopatologici. Quest’ultimo elemento si verifica quando gli individui, per evitare il contatto con le proprie esperienze interne negative, rinunciano a impegnarsi in azioni indirizzate al raggiungimento dei propri obiettivi personali. Consapevolezza e accettazione sono i due costrutti di base necessari per creare un nuovo contesto esperienziale.
L’accettazione sta a indicare un attivo processo di consapevolezza delle proprie esperienze interne che necessariamente precede il cambiamento, in poche parole l’approccio diventa: “Prima vengono l’accettazione e la consapevolezza, poi il cambiamento” (2).
Il terreno di allenamento di queste qualità è quello della mindfulness, che consiste nella capacità di “prestare attenzione a qualcosa in modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e senza giudicare (3). Le abilità di mindfulness, coltivate attraverso specifici esercizi, aiutano da un lato a non rimuginare e dall’altro a non reagire impulsivamente. L’attenzione è il processo psicologico determinante ai fini dello sviluppo della consapevolezza, prestare attenzione in maniera non giudicante equivale a riportare i fatti dell’esperienza piuttosto che le valutazioni, comportando pertanto l’accettazione di ciò che accade e rinforzando risposte comportamentali più flessibili e orientate ai propri scopi personali.
Conclusioni: le terapie di terza generazione, ponendo l’enfasi sulla relazione che il paziente ha con la propria esperienza interna e sul suo enpowerment, si dimostrano un efficace approccio alla cura di numerosi disturbi che ben si integra con i già esistenti approcci terapeutici. Questo avviene in modo particolare per quanto riguarda i Disturbi dell’Alimentazione fortemente caratterizzati dall’evitamento esperienziale, dalla disregolazione emotiva, dal rimuginio e dall’identificazione con i propri stati interni (4).
Bibliografia:
1. Bulli F, Melli G (2010) “La psicoterapia cognitivo-comportamentale: tra passato presente e futuro” In: Bulli F, Melli G (a cura di) “Mindfulness & Acceptance in Psicoterapia” Firenze, Eclipsi.
2. Siegel RD, Germer CK, Olendzki A (2009) “Mindfulness: What is it? Where did it come from?” In: Didonna F(ed), Clinical Handbook of Mindfulness, New York, Springer.
3. Kabat-Zinn J (2003) “Mindfulness-based interventions in context: Past, present and future”. Clinical Psychology: Science and Practice 10, 144-156.
4. Wolever RQ and Best J (2009) “Mindfulness-Based approaches to Eating Disorders”. In: Didonna F ed, Clinical Handbook of Mindfulness, New York, Springer. v
La concettualizzazione del disagio psicologico secondo gli approcci di terza generazione: i costrutti di consapevolezza e accettazione.
Servizio Disturbi Alimentari -Ospedale Schio (VI) ULSS 4 – Casa di Cura Villa Margherita – Arcugnano (VI)
Rosillo Y
Premesse/introduzione.nell’ultimo ventennio si è assistito a un notevole incremento di interesse verso le cosiddette “terapie di terza generazione”. Il termine deriva dalla storia della terapia del comportamento che ha visto il suo evolversi prima in terapia Cognitivo-Comportamentale (la seconda generazione) e negli ultimi anni ha assistito ad un sempre più crescente interesse alle strategie di cambiamento contestuali ed esperenziali che spostano l’attenzione dai contenuti ai processi mentali (1,2). Si tratta di interventi che, invece di focalizzarsi sul cambiamento diretto degli eventi mentali, si propongono di cambiare la loro funzione e la relazione che gli individui hanno con essi, mediante strategie quali la mindfulness (consapevolezza), l’accettazione e la defusione cognitiva (1,2).
Aspetti metodologici. La concettualizzazione del disagio psicologico secondo gli approcci di terza generazione si basa fondamentalmente su tre elementi principali, strettamente connessi tra loro (1).
Il primo riguarda il concetto di “fusione” inteso come un processo di identificazione dell’individuo con le proprie esperienze interne.
Il secondo fa riferimento all’"evitamento esperienziale” configurato come un insieme di strategie cognitive e comportamentali finalizzate a modificare la forma o la frequenza delle proprie esperienze interne.
Il terzo elemento è il “restringimento comportamentale” che si verifica quando gli individui, per evitare il contatto con le proprie esperienze interne negative, rinunciano a impegnarsi in azioni indirizzate al raggiungimento dei propri obiettivi personali.
Purtroppo queste strategie, si accompagnano ad un paradossale aumento della sofferenza psicologica dovuto in buona parte al restringimento del repertorio comportamentale che costituisce il terzo elemento nella concettualizzazione dei disturbi psicopatologici. Quest’ultimo elemento si verifica quando gli individui, per evitare il contatto con le proprie esperienze interne negative, rinunciano a impegnarsi in azioni indirizzate al raggiungimento dei propri obiettivi personali. Consapevolezza e accettazione sono i due costrutti di base necessari per creare un nuovo contesto esperienziale.
L’accettazione sta a indicare un attivo processo di consapevolezza delle proprie esperienze interne che necessariamente precede il cambiamento, in poche parole l’approccio diventa: “Prima vengono l’accettazione e la consapevolezza, poi il cambiamento” (2).
Il terreno di allenamento di queste qualità è quello della mindfulness, che consiste nella capacità di “prestare attenzione a qualcosa in modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e senza giudicare (3). Le abilità di mindfulness, coltivate attraverso specifici esercizi, aiutano da un lato a non rimuginare e dall’altro a non reagire impulsivamente. L’attenzione è il processo psicologico determinante ai fini dello sviluppo della consapevolezza, prestare attenzione in maniera non giudicante equivale a riportare i fatti dell’esperienza piuttosto che le valutazioni, comportando pertanto l’accettazione di ciò che accade e rinforzando risposte comportamentali più flessibili e orientate ai propri scopi personali.
Conclusioni: le terapie di terza generazione, ponendo l’enfasi sulla relazione che il paziente ha con la propria esperienza interna e sul suo enpowerment, si dimostrano un efficace approccio alla cura di numerosi disturbi che ben si integra con i già esistenti approcci terapeutici. Questo avviene in modo particolare per quanto riguarda i Disturbi dell’Alimentazione fortemente caratterizzati dall’evitamento esperienziale, dalla disregolazione emotiva, dal rimuginio e dall’identificazione con i propri stati interni (4).
Bibliografia:
1. Bulli F, Melli G (2010) “La psicoterapia cognitivo-comportamentale: tra passato presente e futuro” In: Bulli F, Melli G (a cura di) “Mindfulness & Acceptance in Psicoterapia” Firenze, Eclipsi.
2. Siegel RD, Germer CK, Olendzki A (2009) “Mindfulness: What is it? Where did it come from?” In: Didonna F(ed), Clinical Handbook of Mindfulness, New York, Springer.
3. Kabat-Zinn J (2003) “Mindfulness-based interventions in context: Past, present and future”. Clinical Psychology: Science and Practice 10, 144-156.
4. Wolever RQ and Best J (2009) “Mindfulness-Based approaches to Eating Disorders”. In: Didonna F ed, Clinical Handbook of Mindfulness, New York, Springer. v