MR12
La “terza onda”: l’integrazione tra approcci cognitivo-comportamentali e mindfulness nel trattamento dei DA: Andare oltre il cambiamento: l’importanza della consapevolezza e dell’accettazione nella terapia dei DA
Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona
Minniti A
Premesse. Durante l’ultimo decennio una buona parte della ricerca sui Disturbi dell’Alimentazione (DA) ha suggerito che il deficit principale di questi disturbi derivi da tentativi inefficaci di auto-regolazione (1). La restrizione calorica, le abbuffate compulsive e gli inappropriati metodi di compenso sono concettualizzati come tentativi di regolazione degli aspetti negativi dell’esperienza e possono essere considerati prodotti della reazione di stress.
Vista l’accresciuta prevalenza di questi disturbi, l’elevato rischio di drop-out e la notevole presenza di psicopatologia, è richiesta una maggiore attenzione per migliorare l’efficacia dei trattamenti esistenti. I protocolli basati sulla mindfulness possono essere utilizzati per migliorare l’autoregolazione e le evidenze scientifiche emergenti stanno dimostrando la potenziale utilità di questi approcci.
La mindfulness viene dal buddhismo theravada che insieme alla corrente mahayana rappresenta la principale espressione della filosofia orientale. La pratica theravada è un sistema utilizzato da 2500 anni al fine di esplorare i livelli più profondi della mente ed è oggi supportato dalla ricerca scientifica e in particolar modo dalle neuroscienze. Mindfulness è la traduzione inglese della parola Sati, in lingua Pali, che significa attenzione consapevole o attenzione nuda. Secondo la definizione di Kabat-Zinn (2) mindfulness significa porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante.
Obiettivi. Obiettivo del MiniSimposio è quello di analizzare e sviluppare i concetti di consapevolezza e accettazione, alla base di tutti gli approcci basati sulla mindfulness e di portare delle evidenze cliniche della loro efficacia. La presentazione di Rosillo si focalizzerà sulla filosofia caratterizzante i cosiddetti “approcci di terza generazione” che pone l’enfasi sui concetti di processo e funzione piuttosto che di contenuto della mente. Attraverso le presentazioni successive di Di Stani, Perrone e Cerro il MiniSimposio intende offrire una panoramica sugli approcci terapeutici per i DA basati sulla consapevolezza, riportando sia evidenze scientifiche presenti in letteratura che esperienze personali dei relatori di applicazione di tali modelli nella pratica clinica di gruppo e individuale.
Aspetti metodologici. Gli approcci di terza generazione analizzati in questa sede condividono una concettualizzazione del disagio psicologico che chiama in causa fondamentalmente tre elementi principali, strettamente connessi tra loro (3) come ha puntualizzato nella sua prima presentazione Rosillo.
Il primo riguarda il concetto di “fusione” inteso come un processo di identificazione dell’individuo con le proprie esperienze interne.
Il secondo fa riferimento all’“evitamento esperienziale” configurato come un insieme di strategie cognitive e comportamentali finalizzate a modificare la forma o la frequenza delle proprie esperienze interne.
Purtroppo queste strategie, si accompagnano ad un paradossale aumento della sofferenza psicologica dovuto in buona parte al “restringimento del repertorio comportamentale” che costituisce il terzo elemento nella concettualizzazione dei disturbi psicopatologici. Quest’ultimo elemento si verifica quando gli individui, per evitare il contatto con le proprie esperienze interne negative, rinunciano a impegnarsi in azioni indirizzate al raggiungimento dei propri obiettivi personali.
Consapevolezza e accettazione sono i due costrutti di base necessari per creare un nuovo contesto esperienziale. Il terreno di allenamento di queste qualità è quello della mindfulness, che consiste nella capacità di “prestare attenzione” a qualcosa in modo particolare come già riferito (2). Attraverso il training basato sulla mindfulness gli individui imparano a focalizzarsi sull’esperienza interna, a coltivare l’accettazione delle emozioni come parte dell’esperienza umana e hanno la possibilità di identificare e sperimentare le emozioni senza reagire a esse.
Allo stesso tempo, le tecniche di mindfulness applicate specificamente all’alimentazione permettono agli individui di differenziare i correlati fisiologici delle emozioni da quelli di fame e sazietà (4).
Negli ultimi anni sono state messe a punto diverse prospettive terapeutiche basate sulla mindfulness. I protocolli, pur nelle loro diversità, consistono in sedute settimanali di gruppo, o individuali, in cui vengono insegnate tecniche finalizzate all’apprendimento di questa particolare modalità di prestare attenzione a se stessi e all’ambiente.
Tra i protocolli che in maniera più o meno massiccia utilizzano la pratica di mindfulness ritroviamo la Terapia Dialettico Comportamentale, la DBT: Dialectical Behavioral Therapy (5) e il training di consapevolezza dell’ “Eating” basato sulla mindfulness ovvero il MB EAT: Mindfulness Based Eating Awarness Training (6).
La prima è una terapia cognitivo comportamentale validata per pazienti di sesso femminile con Disturbo Borderline di Personalità (DBP) che presentano all’anamnesi gesti suicidari e parasuicidari. Questo modello prevede un intervento riabilitativo integrato in un setting di co-terapia che può essere adottato anche in popolazioni che presentano comorbilità con DA caratterizzati da disregolazione emotiva.
Il protocollo MB EAT è maggiormente improntato alla pratica di mindfulness e prevede 9 sessioni durante le quali viene affrontato il tema dell’accettazione e gestione delle emozioni negative e vengono svolti esercizi di meditazione consapevole sull'alimentazione, sul senso di fame e sazietà, sulla scelta degli alimenti, sulle sensazioni che possono scaturire attraverso il cibo e il gusto e, infine, alcune problematiche dei DA vengono affrontate attraverso la meditazione del perdono e della saggezza.
Risultati. Durante il minisimposio verranno esposti i risultati di tre diverse esperienze cliniche con utilizzo di approcci mindfulness-based. In particolare Di Stani e Coll. hanno applicato con efficacia il protocollo DBT su 19 pazienti con diagnosi di DBP o tratti di personalità borderline, in comorbilità con Bulimia Nervosa o DA caratterizzati da perdita di controllo. Undici pazienti hanno portato a termine il trattamento, che ha avuto durata tra i 6 e i 18 mesi. Le pazienti hanno riportato ai test un miglioramento generale rispetto i seguenti indicatori: qualità di vita, autoefficacia nella gestione delle emozioni positive e negative, autoefficacia nelle relazioni interpersonali.
L’intervento di Perrone e Coll. verterà sull’analisi di un caso singolo relativo ad una donna di 40 anni, affetta da Bulimia Nervosa e Diabete di tipo II seguita con un programma di Terapia Cognitivo-Comportamentale integrato al protocollo MB EAT. Dall’analisi dei risultati rilevati a fine trattamento si osserva una regressione della sintomatologia inerente alle abbuffate e al vomito autoindotto, un miglioramento del tono dell’umore, lo sviluppo di abilità di problem solving, di gestione dei conflitti interpersonali, una maggiore consapevolezza e presenza mentale, una riduzione della reattività. Infine Cerro esporrà i risultati di un percorso di cura residenziale per i DA all’interno del quale hanno ampia rilevanza le prospettive terapeutiche che si rifanno alla mindfulness.
Conclusioni. Dai dati esposti in questo MiniSimposio è possibile affermare che gli approcci basati sulla mindfulness, ponendo l’enfasi sulla relazione che il paziente ha con la propria esperienza interna e sul suo empowerment, si dimostrano efficaci modelli di cura che ben si integrano con i già esistenti approcci terapeutici. Questo avviene in modo particolare per quanto riguarda i DA fortemente caratterizzati dall’evitamento esperienziale, dalla disregolazione emotiva, dal rimuginio e dall’identificazione con i propri stati interni.
Bibliografia.
1. Wolewer RQ, Best J (2009) “Mindfulness-Based Approaches to Eating Disorders” In: Didonna F (Ed), Clinical handbook of mindfulness, New York, Springer.
2. Kabat-Zinn J (1990) “Full catastrophe living: Using the wisdom of your body and mind to face stress, pain, and illness” New York, Delacorte.
3. Bulli F, Melli G (2010) “La psicoterapia cognitivo-comportamentale: tra passato presente e futuro” in Bulli F, Melli G (a cura di) “Mindfulness & Acceptance in Psicoterapia” Firenze, Eclipsi.
4. Baer RA, Fischer S, Huss DB (2005) “Mindfulness and acceptance in the treatment of disordered eating”. Journal of rationale-emotive therapy and cognitive-behavior therapy 23, 281-300.
5. Safer DL, Telch CF, Chen EJ (2010) “Binge eating e bulimia. Trattamento dialettico comportamentale” Milano, Raffaello Cortina Editore.
6. Kristeller J, Baer RA (2006) “Mindfulness-based approaches to eating disorder” In: Baer RA (Ed) “Mindfulness-Based Treatment Approaches. Clinician's Guide to Evidence Base and applications” Oxford, UK, Academic Press (Elsevier).
La “terza onda”: l’integrazione tra approcci cognitivo-comportamentali e mindfulness nel trattamento dei DA: Andare oltre il cambiamento: l’importanza della consapevolezza e dell’accettazione nella terapia dei DA
Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Verona
Minniti A
Premesse. Durante l’ultimo decennio una buona parte della ricerca sui Disturbi dell’Alimentazione (DA) ha suggerito che il deficit principale di questi disturbi derivi da tentativi inefficaci di auto-regolazione (1). La restrizione calorica, le abbuffate compulsive e gli inappropriati metodi di compenso sono concettualizzati come tentativi di regolazione degli aspetti negativi dell’esperienza e possono essere considerati prodotti della reazione di stress.
Vista l’accresciuta prevalenza di questi disturbi, l’elevato rischio di drop-out e la notevole presenza di psicopatologia, è richiesta una maggiore attenzione per migliorare l’efficacia dei trattamenti esistenti. I protocolli basati sulla mindfulness possono essere utilizzati per migliorare l’autoregolazione e le evidenze scientifiche emergenti stanno dimostrando la potenziale utilità di questi approcci.
La mindfulness viene dal buddhismo theravada che insieme alla corrente mahayana rappresenta la principale espressione della filosofia orientale. La pratica theravada è un sistema utilizzato da 2500 anni al fine di esplorare i livelli più profondi della mente ed è oggi supportato dalla ricerca scientifica e in particolar modo dalle neuroscienze. Mindfulness è la traduzione inglese della parola Sati, in lingua Pali, che significa attenzione consapevole o attenzione nuda. Secondo la definizione di Kabat-Zinn (2) mindfulness significa porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante.
Obiettivi. Obiettivo del MiniSimposio è quello di analizzare e sviluppare i concetti di consapevolezza e accettazione, alla base di tutti gli approcci basati sulla mindfulness e di portare delle evidenze cliniche della loro efficacia. La presentazione di Rosillo si focalizzerà sulla filosofia caratterizzante i cosiddetti “approcci di terza generazione” che pone l’enfasi sui concetti di processo e funzione piuttosto che di contenuto della mente. Attraverso le presentazioni successive di Di Stani, Perrone e Cerro il MiniSimposio intende offrire una panoramica sugli approcci terapeutici per i DA basati sulla consapevolezza, riportando sia evidenze scientifiche presenti in letteratura che esperienze personali dei relatori di applicazione di tali modelli nella pratica clinica di gruppo e individuale.
Aspetti metodologici. Gli approcci di terza generazione analizzati in questa sede condividono una concettualizzazione del disagio psicologico che chiama in causa fondamentalmente tre elementi principali, strettamente connessi tra loro (3) come ha puntualizzato nella sua prima presentazione Rosillo.
Il primo riguarda il concetto di “fusione” inteso come un processo di identificazione dell’individuo con le proprie esperienze interne.
Il secondo fa riferimento all’“evitamento esperienziale” configurato come un insieme di strategie cognitive e comportamentali finalizzate a modificare la forma o la frequenza delle proprie esperienze interne.
Purtroppo queste strategie, si accompagnano ad un paradossale aumento della sofferenza psicologica dovuto in buona parte al “restringimento del repertorio comportamentale” che costituisce il terzo elemento nella concettualizzazione dei disturbi psicopatologici. Quest’ultimo elemento si verifica quando gli individui, per evitare il contatto con le proprie esperienze interne negative, rinunciano a impegnarsi in azioni indirizzate al raggiungimento dei propri obiettivi personali.
Consapevolezza e accettazione sono i due costrutti di base necessari per creare un nuovo contesto esperienziale. Il terreno di allenamento di queste qualità è quello della mindfulness, che consiste nella capacità di “prestare attenzione” a qualcosa in modo particolare come già riferito (2). Attraverso il training basato sulla mindfulness gli individui imparano a focalizzarsi sull’esperienza interna, a coltivare l’accettazione delle emozioni come parte dell’esperienza umana e hanno la possibilità di identificare e sperimentare le emozioni senza reagire a esse.
Allo stesso tempo, le tecniche di mindfulness applicate specificamente all’alimentazione permettono agli individui di differenziare i correlati fisiologici delle emozioni da quelli di fame e sazietà (4).
Negli ultimi anni sono state messe a punto diverse prospettive terapeutiche basate sulla mindfulness. I protocolli, pur nelle loro diversità, consistono in sedute settimanali di gruppo, o individuali, in cui vengono insegnate tecniche finalizzate all’apprendimento di questa particolare modalità di prestare attenzione a se stessi e all’ambiente.
Tra i protocolli che in maniera più o meno massiccia utilizzano la pratica di mindfulness ritroviamo la Terapia Dialettico Comportamentale, la DBT: Dialectical Behavioral Therapy (5) e il training di consapevolezza dell’ “Eating” basato sulla mindfulness ovvero il MB EAT: Mindfulness Based Eating Awarness Training (6).
La prima è una terapia cognitivo comportamentale validata per pazienti di sesso femminile con Disturbo Borderline di Personalità (DBP) che presentano all’anamnesi gesti suicidari e parasuicidari. Questo modello prevede un intervento riabilitativo integrato in un setting di co-terapia che può essere adottato anche in popolazioni che presentano comorbilità con DA caratterizzati da disregolazione emotiva.
Il protocollo MB EAT è maggiormente improntato alla pratica di mindfulness e prevede 9 sessioni durante le quali viene affrontato il tema dell’accettazione e gestione delle emozioni negative e vengono svolti esercizi di meditazione consapevole sull'alimentazione, sul senso di fame e sazietà, sulla scelta degli alimenti, sulle sensazioni che possono scaturire attraverso il cibo e il gusto e, infine, alcune problematiche dei DA vengono affrontate attraverso la meditazione del perdono e della saggezza.
Risultati. Durante il minisimposio verranno esposti i risultati di tre diverse esperienze cliniche con utilizzo di approcci mindfulness-based. In particolare Di Stani e Coll. hanno applicato con efficacia il protocollo DBT su 19 pazienti con diagnosi di DBP o tratti di personalità borderline, in comorbilità con Bulimia Nervosa o DA caratterizzati da perdita di controllo. Undici pazienti hanno portato a termine il trattamento, che ha avuto durata tra i 6 e i 18 mesi. Le pazienti hanno riportato ai test un miglioramento generale rispetto i seguenti indicatori: qualità di vita, autoefficacia nella gestione delle emozioni positive e negative, autoefficacia nelle relazioni interpersonali.
L’intervento di Perrone e Coll. verterà sull’analisi di un caso singolo relativo ad una donna di 40 anni, affetta da Bulimia Nervosa e Diabete di tipo II seguita con un programma di Terapia Cognitivo-Comportamentale integrato al protocollo MB EAT. Dall’analisi dei risultati rilevati a fine trattamento si osserva una regressione della sintomatologia inerente alle abbuffate e al vomito autoindotto, un miglioramento del tono dell’umore, lo sviluppo di abilità di problem solving, di gestione dei conflitti interpersonali, una maggiore consapevolezza e presenza mentale, una riduzione della reattività. Infine Cerro esporrà i risultati di un percorso di cura residenziale per i DA all’interno del quale hanno ampia rilevanza le prospettive terapeutiche che si rifanno alla mindfulness.
Conclusioni. Dai dati esposti in questo MiniSimposio è possibile affermare che gli approcci basati sulla mindfulness, ponendo l’enfasi sulla relazione che il paziente ha con la propria esperienza interna e sul suo empowerment, si dimostrano efficaci modelli di cura che ben si integrano con i già esistenti approcci terapeutici. Questo avviene in modo particolare per quanto riguarda i DA fortemente caratterizzati dall’evitamento esperienziale, dalla disregolazione emotiva, dal rimuginio e dall’identificazione con i propri stati interni.
Bibliografia.
1. Wolewer RQ, Best J (2009) “Mindfulness-Based Approaches to Eating Disorders” In: Didonna F (Ed), Clinical handbook of mindfulness, New York, Springer.
2. Kabat-Zinn J (1990) “Full catastrophe living: Using the wisdom of your body and mind to face stress, pain, and illness” New York, Delacorte.
3. Bulli F, Melli G (2010) “La psicoterapia cognitivo-comportamentale: tra passato presente e futuro” in Bulli F, Melli G (a cura di) “Mindfulness & Acceptance in Psicoterapia” Firenze, Eclipsi.
4. Baer RA, Fischer S, Huss DB (2005) “Mindfulness and acceptance in the treatment of disordered eating”. Journal of rationale-emotive therapy and cognitive-behavior therapy 23, 281-300.
5. Safer DL, Telch CF, Chen EJ (2010) “Binge eating e bulimia. Trattamento dialettico comportamentale” Milano, Raffaello Cortina Editore.
6. Kristeller J, Baer RA (2006) “Mindfulness-based approaches to eating disorder” In: Baer RA (Ed) “Mindfulness-Based Treatment Approaches. Clinician's Guide to Evidence Base and applications” Oxford, UK, Academic Press (Elsevier).