MR01
Importanza della famiglia nello sviluppo dei risultati di esito e di processo
Università di Brescia, Corsi di Laurea in :Dietistica e Terapia della Riabilitazione Psichiatrica
Manara F
Premesse. La famiglia dei soggetti con DCA è stata oggetto di numerosi studi. Per esempio Salvador Minuchin (1) e Mara Selvini Palazzoli (2) hanno tracciato le coordinate per porre questo sistema al centro del progetto terapeutico, in particolare per l’Anoressia Nervosa (AN). L’esperienza clinica svolta in molti Centri per la cura dei DCA ha indicato che il lavoro sulle famiglie non si rifà necessariamente ai presupposti teorici delle scuole sistemiche, ma può evolvere in esperienze di cura che tendano ad almeno tre obiettivi.
1. Ridurre il senso di colpa e di impotenza dei genitori
2. Rendere loro ragione di quanto possano essere alleati al lavoro dei professionisti
3. Fornire loro strumenti, attraverso procedure psicoeducative, perché dalla conoscenza delle cause dei DCA e delle loro manifestazioni non solo fisiche, ma anche psicoemotive e psicopatologiche, possano mettere in campo un atteggiamento più funzionale alle necessità dei figli.
Introduzione.Il minisimposio in oggetto vuole indicare alcune esperienze attraverso le quali tendere al raggiungimento dei suddetti obiettivi, attraverso l’indicazione di modalità psicoeducative e di sostegno in gruppo. Non solo. Verrà illustrata anche una modalità di intervento sulla coppia in cui un soggetto è affetto da DCA, tematica troppo spesso trascurata nonostante le dinamiche che coinvolgono intimità e sessualità siano centrali per la strutturazione e per il recupero del rapporto con il corpo e con il piacere.
Conoscenze della Letteratura. Le linee guida per la cura della AN e della Bulimia Nervosa (BN) prestano attenzione agli interventi sulle famiglie dei soggetti affetti da queste patologie.
Linee guida NICE per AN (3): Un trattamento familiare direttamente rivolto al DA dovrebbe essere fornito ai bambini e adolescenti anoressici
Linee guida APA per AN (4): Per i bambini e gli adolescenti, il trattamento familiare è il più efficiente. Per gli adolescenti ospedalizzati, la partecipazione a gruppi familiari di tipo psicoeducativo può essere utile nel sostenere il loro impegno nel recupero ponderale e efficace quanto forme più intensive di terapia familiare. Per gli adolescenti che siano stati malati meno di 3 anni, dopo il recupero ponderale, la terapia familiare è una componente fondamentale del trattamento. La terapia familiare dovrebbe essere considerata quando possibile, soprattutto per gli adolescenti che vivono in famiglia [II] o per pazienti con interazioni conflittuali con i genitori. Queste indicazioni vanno accolte in termini più estensivi, giacché il funzionamento del rapporto genitori-figli non solo è tra le cause dell’insorgere di un DA, ma, se sottoposto a un’adeguata attenzione e accudimento, può fare dei genitori una risorsa consistente al recupero dal DA.Infine, va ricordato che le linee guida APA rivolgono un’attenzione particolare a quelle coppie in cui la partner è affetta da un DA, sostenendo che “ pazienti con problemi coniugali possono giovarsi della terapia di coppia”.
Esistono differenze rilevanti relativamente alle responsabilità delle madri rispetto a quelle dei padro. Questo argomento è affrontato da Montecchi. Nel passato è stata individuato nella genesi e nel decorso dei DCA la problematicità della relazione simbiotica stabilita dalla madre con la figlia. Il riferimento alla madre reale va tuttavia corretto, specie nei casi in cui la presenza di una patologia alimentare può spingere ad assumere atteggiamenti giudicanti e colpevolizzanti. Quest’atteggiamento è antiterapeutico, perché una madre colpevolizzata non può fornire la collaborazione necessaria al successo di una terapia. Nella struttura familiare non è danneggiata solo la funzione materna, ma anche quella paterna appare problematica, spesso debole e assente; alla centralità della madre si accompagna in queste famiglia una perifericità del padre. Quindi si preferisce, piuttosto che far riferimento alla problematicità della madre reale, riferirsi al “materno” incarnato dalla madre reale, ma presente anche nel padre. Questi padri assenti sono fortemente desiderati dai figli con DCA che, non potendo avere con loro un rapporto reale, li idealizzano. Per esempio, l’anoressica per essere amata dal padre, cerca di soddisfare quelle che crede siano le sue aspettative, aspettative simili a quelle che il padre ha assorbito dalla propria madre e che coincidono quasi sempre con alte prestazioni intellettive e con il raggiungimento del successo. Montecchi conclude di orientare il focus su cui centrare l’intervento non tanto lavorando sull’area materna quanto sul paterno, valorizzandone le risorse che possono entrare in campo con un rinforzo della funzione paterna intesa sia come immagine intrapsichica che come relazione con il paterno
Nella sua presentazione Gravina approfondisce le modalità di sostegno per la famiglia di soggetti con DA. Il ruolo degli operatori è quello di aiutare la famiglia a chiarire bisogni e risorse dei singoli membri, facilitando aspettative realistiche rispetto al percorso di cura, informando correttamente sulle caratteristiche della patologia e incoraggiando comportamenti adeguati nella relazione con il paziente. Il focus dell’attenzione non sarà pertanto volto a evidenziare colpe o correggere errori, quanto a gestire l’ansia e le preoccupazioni eccessive e a modificare le abitudini e i comportamenti inadeguati rispetto all’alimentazione.
E’ ovviamente necessario che ciò avvenga con la massima attenzione e che in ogni team esistano figure con formazione adeguata e specifica.
Senatore porta la sua esperienza sulla terapia di gruppo sui genitori anche durante i ricovero di pazienti anoressiche e conclude che se sono sostenuti emotivamente e si offre loro uno spazio di ascolto l’intero sistema familiare ne trae beneficio ed in primis, la paziente.
De Salvo amplifica l’importanza di coinvolgere tutta la famiglia allargata a tutte le componenti parentali nei gruppi multifamiliari dei pazienti ricoverati in una Comunità Terapeutica Riabilitativa Residenziale. I gruppi sono condotti da operatori con una specifica formazione nei disturbi del comportamento alimentare. Si conclude che il lavoro in gruppo e la presenza degli altri familiari e' utile ad aumentare la competenza, a recuperare risorse e speranze, a stimolare la solidarietà e permettere di confrontarsi su problemi ed esperienze simili, ad aiutarsi reciprocamente suggerendo diversi punti di vista e strategie, giungendo spesso a trovare nuove soluzioni che realmente permettono di migliorare la qualità della vita dei familiari e del paziente evidenziando che loro stessi sono degli esperti nella gestione dei comportamenti disturbati.
Luxardi descrive le caratteristiche dei partner e della coppia in cui c'è una persona affetta da DA e le relative impliczioni terapeutiche. Lo stereotipo secondo cui le persone affette da AN non costruiscono rapporti di coppia e non hanno figli ha mostrato scarso fondamento. Al contrario, una porzione significativa dei soggetti adulti che richiedono un trattamento per AN ha una relazione affettiva durevole. La risoluzione del disturbo alimentare sembra generalmente portare ad un miglioramento della vita matrimoniale ma viene segnalata anche la difficoltà del partner a dover abbandonare il ruolo di helper e quindi dover rinegoziare la relazione. Se una relazione affettiva supportiva appare funzionale alla recovery, la letteratura mostra come sofferenza, ostilità e criticismo siano da considerare fattori predittivi di esito negativo.
Si conclude che un intervento mirato a sostenere il partner nello sviluppo di atteggiamenti e comportamenti adeguati rappresent una componente importante del trattamento di un disturbo alimentare in un soggetto adulto. Gli ambiti di lavoro riguardano la comunicazione, la sessualità all’interno della coppia e più in generale la gestione del carico familiare sostenuto dal coniuge.
Conclusioni. Il lavoro con i familiari dei soggetti con DCA dovrebbe far parte di tutti i programmi riabilitativi già dalla fase di motivazione al trattamento. Il cambiamento nel sistema familiare, infatti, è un requisito di grande utilità per l’esito della cura e per arginare il rischio di ricadute.
Bibliografia.
1. Minuchin S (1976) “Famiglie e terapia della famiglia”, Astrolabio, Roma
2. Selvini Palazzoli M, Cirillo S, Selvini M (1988) “Ragazze anoressiche e bulimiche”, Raffaello Cortina Editore, Milano
3. National Institute for Clinical Excellence (NICE) (2004) “Eating Disorders. Core interventions in the treatment and management of anorexia nervosa, bulimia nervosa and related eating disorders”, London.
4. American Psychiatric Association (APA) (2000) “Treatment guidelines for eating disorders”, Washington, 2000
Importanza della famiglia nello sviluppo dei risultati di esito e di processo
Università di Brescia, Corsi di Laurea in :Dietistica e Terapia della Riabilitazione Psichiatrica
Manara F
Premesse. La famiglia dei soggetti con DCA è stata oggetto di numerosi studi. Per esempio Salvador Minuchin (1) e Mara Selvini Palazzoli (2) hanno tracciato le coordinate per porre questo sistema al centro del progetto terapeutico, in particolare per l’Anoressia Nervosa (AN). L’esperienza clinica svolta in molti Centri per la cura dei DCA ha indicato che il lavoro sulle famiglie non si rifà necessariamente ai presupposti teorici delle scuole sistemiche, ma può evolvere in esperienze di cura che tendano ad almeno tre obiettivi.
1. Ridurre il senso di colpa e di impotenza dei genitori
2. Rendere loro ragione di quanto possano essere alleati al lavoro dei professionisti
3. Fornire loro strumenti, attraverso procedure psicoeducative, perché dalla conoscenza delle cause dei DCA e delle loro manifestazioni non solo fisiche, ma anche psicoemotive e psicopatologiche, possano mettere in campo un atteggiamento più funzionale alle necessità dei figli.
Introduzione.Il minisimposio in oggetto vuole indicare alcune esperienze attraverso le quali tendere al raggiungimento dei suddetti obiettivi, attraverso l’indicazione di modalità psicoeducative e di sostegno in gruppo. Non solo. Verrà illustrata anche una modalità di intervento sulla coppia in cui un soggetto è affetto da DCA, tematica troppo spesso trascurata nonostante le dinamiche che coinvolgono intimità e sessualità siano centrali per la strutturazione e per il recupero del rapporto con il corpo e con il piacere.
Conoscenze della Letteratura. Le linee guida per la cura della AN e della Bulimia Nervosa (BN) prestano attenzione agli interventi sulle famiglie dei soggetti affetti da queste patologie.
Linee guida NICE per AN (3): Un trattamento familiare direttamente rivolto al DA dovrebbe essere fornito ai bambini e adolescenti anoressici
Linee guida APA per AN (4): Per i bambini e gli adolescenti, il trattamento familiare è il più efficiente. Per gli adolescenti ospedalizzati, la partecipazione a gruppi familiari di tipo psicoeducativo può essere utile nel sostenere il loro impegno nel recupero ponderale e efficace quanto forme più intensive di terapia familiare. Per gli adolescenti che siano stati malati meno di 3 anni, dopo il recupero ponderale, la terapia familiare è una componente fondamentale del trattamento. La terapia familiare dovrebbe essere considerata quando possibile, soprattutto per gli adolescenti che vivono in famiglia [II] o per pazienti con interazioni conflittuali con i genitori. Queste indicazioni vanno accolte in termini più estensivi, giacché il funzionamento del rapporto genitori-figli non solo è tra le cause dell’insorgere di un DA, ma, se sottoposto a un’adeguata attenzione e accudimento, può fare dei genitori una risorsa consistente al recupero dal DA.Infine, va ricordato che le linee guida APA rivolgono un’attenzione particolare a quelle coppie in cui la partner è affetta da un DA, sostenendo che “ pazienti con problemi coniugali possono giovarsi della terapia di coppia”.
Esistono differenze rilevanti relativamente alle responsabilità delle madri rispetto a quelle dei padro. Questo argomento è affrontato da Montecchi. Nel passato è stata individuato nella genesi e nel decorso dei DCA la problematicità della relazione simbiotica stabilita dalla madre con la figlia. Il riferimento alla madre reale va tuttavia corretto, specie nei casi in cui la presenza di una patologia alimentare può spingere ad assumere atteggiamenti giudicanti e colpevolizzanti. Quest’atteggiamento è antiterapeutico, perché una madre colpevolizzata non può fornire la collaborazione necessaria al successo di una terapia. Nella struttura familiare non è danneggiata solo la funzione materna, ma anche quella paterna appare problematica, spesso debole e assente; alla centralità della madre si accompagna in queste famiglia una perifericità del padre. Quindi si preferisce, piuttosto che far riferimento alla problematicità della madre reale, riferirsi al “materno” incarnato dalla madre reale, ma presente anche nel padre. Questi padri assenti sono fortemente desiderati dai figli con DCA che, non potendo avere con loro un rapporto reale, li idealizzano. Per esempio, l’anoressica per essere amata dal padre, cerca di soddisfare quelle che crede siano le sue aspettative, aspettative simili a quelle che il padre ha assorbito dalla propria madre e che coincidono quasi sempre con alte prestazioni intellettive e con il raggiungimento del successo. Montecchi conclude di orientare il focus su cui centrare l’intervento non tanto lavorando sull’area materna quanto sul paterno, valorizzandone le risorse che possono entrare in campo con un rinforzo della funzione paterna intesa sia come immagine intrapsichica che come relazione con il paterno
Nella sua presentazione Gravina approfondisce le modalità di sostegno per la famiglia di soggetti con DA. Il ruolo degli operatori è quello di aiutare la famiglia a chiarire bisogni e risorse dei singoli membri, facilitando aspettative realistiche rispetto al percorso di cura, informando correttamente sulle caratteristiche della patologia e incoraggiando comportamenti adeguati nella relazione con il paziente. Il focus dell’attenzione non sarà pertanto volto a evidenziare colpe o correggere errori, quanto a gestire l’ansia e le preoccupazioni eccessive e a modificare le abitudini e i comportamenti inadeguati rispetto all’alimentazione.
E’ ovviamente necessario che ciò avvenga con la massima attenzione e che in ogni team esistano figure con formazione adeguata e specifica.
Senatore porta la sua esperienza sulla terapia di gruppo sui genitori anche durante i ricovero di pazienti anoressiche e conclude che se sono sostenuti emotivamente e si offre loro uno spazio di ascolto l’intero sistema familiare ne trae beneficio ed in primis, la paziente.
De Salvo amplifica l’importanza di coinvolgere tutta la famiglia allargata a tutte le componenti parentali nei gruppi multifamiliari dei pazienti ricoverati in una Comunità Terapeutica Riabilitativa Residenziale. I gruppi sono condotti da operatori con una specifica formazione nei disturbi del comportamento alimentare. Si conclude che il lavoro in gruppo e la presenza degli altri familiari e' utile ad aumentare la competenza, a recuperare risorse e speranze, a stimolare la solidarietà e permettere di confrontarsi su problemi ed esperienze simili, ad aiutarsi reciprocamente suggerendo diversi punti di vista e strategie, giungendo spesso a trovare nuove soluzioni che realmente permettono di migliorare la qualità della vita dei familiari e del paziente evidenziando che loro stessi sono degli esperti nella gestione dei comportamenti disturbati.
Luxardi descrive le caratteristiche dei partner e della coppia in cui c'è una persona affetta da DA e le relative impliczioni terapeutiche. Lo stereotipo secondo cui le persone affette da AN non costruiscono rapporti di coppia e non hanno figli ha mostrato scarso fondamento. Al contrario, una porzione significativa dei soggetti adulti che richiedono un trattamento per AN ha una relazione affettiva durevole. La risoluzione del disturbo alimentare sembra generalmente portare ad un miglioramento della vita matrimoniale ma viene segnalata anche la difficoltà del partner a dover abbandonare il ruolo di helper e quindi dover rinegoziare la relazione. Se una relazione affettiva supportiva appare funzionale alla recovery, la letteratura mostra come sofferenza, ostilità e criticismo siano da considerare fattori predittivi di esito negativo.
Si conclude che un intervento mirato a sostenere il partner nello sviluppo di atteggiamenti e comportamenti adeguati rappresent una componente importante del trattamento di un disturbo alimentare in un soggetto adulto. Gli ambiti di lavoro riguardano la comunicazione, la sessualità all’interno della coppia e più in generale la gestione del carico familiare sostenuto dal coniuge.
Conclusioni. Il lavoro con i familiari dei soggetti con DCA dovrebbe far parte di tutti i programmi riabilitativi già dalla fase di motivazione al trattamento. Il cambiamento nel sistema familiare, infatti, è un requisito di grande utilità per l’esito della cura e per arginare il rischio di ricadute.
Bibliografia.
1. Minuchin S (1976) “Famiglie e terapia della famiglia”, Astrolabio, Roma
2. Selvini Palazzoli M, Cirillo S, Selvini M (1988) “Ragazze anoressiche e bulimiche”, Raffaello Cortina Editore, Milano
3. National Institute for Clinical Excellence (NICE) (2004) “Eating Disorders. Core interventions in the treatment and management of anorexia nervosa, bulimia nervosa and related eating disorders”, London.
4. American Psychiatric Association (APA) (2000) “Treatment guidelines for eating disorders”, Washington, 2000