MS04.2
Valutazione psicometrica degli atteggiamenti e dei comportamenti restrittivi
Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma
Lombardo C
Introduzione. La restrizione alimentare (restrictive eating) può essere definita come la limitazione volontaria della quantità di cibo allo scopo di dimagrire o non aumentare di peso (1). Si tratta di comportamenti che caratterizzano tutto lo spettro dei disturbi dell’alimentazione e dei pesi corporei e che si riscontrano anche nella popolazione generale e in fasce di età sempre minori, inclusi i bambini di 5-6 anni(2,3). Data l’ampia diffusione di questi comportamenti, l’uso di strumenti psicometricamente validi ed affidabili sembra fondamentale per un accertamento adeguato del fenomeno, sia in studi di screening sia in ambito clinico.
Descrizione degli strumenti più diffusi. Misure dirette di restrizione dell’alimentazione sono state proposte da Stunkard (4) col Three Factor Eating Questionnaire (TFEQ) e da Herman con la Restraint Scale (RS) (1). Queste misure sono state usate prevalentemente (anche se non esclusivamente) per valutare la restrizione nella fascia del sovrappeso e dell’obesità.
Fra gli strumenti più diffusi per la valutazione della restrizione nella fascia del sottopeso e del normopeso vi sono l’EAT (nelle due versioni a 40 e a 26 item) e l’EDI nelle varie versioni (EDI, EDI-2 e EDI-3), entrambi proposti dal gruppo di Garner (p.e. 5).
Alcuni (6) considerano le interviste cliniche (strutturate e semi-strutturate) come “gold standard” per la valutazione di atteggiamenti e comportamenti restrittivi. Fra le interviste proposte la più usata è quella di Fairburn (7) in tutte le fasce di peso, da cui è stato anche desunto un questionario self-report: l’EDE-Q (8), la cui validità è stata documentata prevalentemente in termini di validità concorrente con l’intervista. Sempre all’intervista clinica di Fairburn (6) si ispira anche un questionario di Lombardo e colleghi (9), il DEQ (Disordered Eating Questionnaire), la cui correlazione con le scale dell’intervista clinica risulta superiore a 0.80.
Valutazioni critiche e commenti conclusivi. L’utilità e la validità della scale qui descritte sarà valutata tenendo conto di: a) quale criterio viene usato per la validazione dello strumento; b) qual è la precisione (p.e. sensibilità e specificità) dello strumento; c) quanto ciascuna misura effettivamente prevede una limitazione calorica nella dieta e/o lo status nutrizionale.
Le misure dirette di restrizione (TFEQ ed RS) sono state validate confrontando differenze fra pazienti con obesità e controlli e anche valutando quanto questi strumenti effettivamente prevedono una limitazione calorica. I questionari come le varie versioni di EAT ed EDI sono stati validati confrontando pazienti con AN o BN e controlli. Sono carenti, invece, le indicazioni riguardo la loro capacità di prevedere differenze nell’introito calorico. Il DEQ prevede differenze nel BMI ed ha una sensibilità ed una specificità anche maggiore dell’EAT-40 nel prevedere differenze fra pazienti con AN o BN e controlli.
Studi recenti, tuttavia, dimostrano che, quando si controlla l’introito calorico reale, risulta evidente che le misure di restrizione potrebbero non essere così sensibili, in particolare quando si cerca di prevedere i comportamenti e non gli atteggiamenti restrittivi.
Bibliografia.
1. Herman CP, Mack D (1975) “Restrained and unrestrained eating” Journal of Personality 43, 647–660.
2. Ricciardelli LA, McCabe MP (2001) “Children’s Body Image Concerns and Eating Disturbance: A Review of the Literature” Clinical Psychology Review 21, 325-344.
3. Vetrone P, Cuzzolaro M (1996) “La spinta a dimagrire in un gruppo di studentesse provenienti da famiglie di classi sociali medio-basse” Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza 63, 665-676.
4. Stunkard AJ, Messick S (1985) “The Three-Factor Eating Questionnaire to measure dietary restraint and hunger” Journal of Psychosomatic Research 29, 71–83.
5. Garner DM (1991) “Eating Disorder Inventory-2: Professional Manual” Odessa, FL, Psychological Assessment Resources.
6. Carter JC, Stewart DA, Fairburn CG (2001 “Eating Disorder Examination Questionnaire: Norms for young adolescent girls” Behav Res Ther 39, 625-632.
7. Fairburn CG, Cooper Z (1993) “The Eating Disorder Examination” In: Fairburn CG, Wilson TG Eds, Binge eating: Nature, Assessment and treatment (12th ed.), New York: Guilford Press.
8. Fairburn CG, Beglin SJ (1994) “The assessment of eating disorders: Interview or self-report questionnaire” Int J Eat Dis 16, 363–370.
9. Lombardo C, Russo PM, Lucidi F, Iani L, Violani C (2004) “Internal consistency, convergent validity and reliability of a brief Questionnaire on Disordered Eating (DEQ)” Eat Weight Disord 9, 91-98.
Valutazione psicometrica degli atteggiamenti e dei comportamenti restrittivi
Dipartimento di Psicologia, Facoltà di Medicina e Psicologia, Sapienza Università di Roma
Lombardo C
Introduzione. La restrizione alimentare (restrictive eating) può essere definita come la limitazione volontaria della quantità di cibo allo scopo di dimagrire o non aumentare di peso (1). Si tratta di comportamenti che caratterizzano tutto lo spettro dei disturbi dell’alimentazione e dei pesi corporei e che si riscontrano anche nella popolazione generale e in fasce di età sempre minori, inclusi i bambini di 5-6 anni(2,3). Data l’ampia diffusione di questi comportamenti, l’uso di strumenti psicometricamente validi ed affidabili sembra fondamentale per un accertamento adeguato del fenomeno, sia in studi di screening sia in ambito clinico.
Descrizione degli strumenti più diffusi. Misure dirette di restrizione dell’alimentazione sono state proposte da Stunkard (4) col Three Factor Eating Questionnaire (TFEQ) e da Herman con la Restraint Scale (RS) (1). Queste misure sono state usate prevalentemente (anche se non esclusivamente) per valutare la restrizione nella fascia del sovrappeso e dell’obesità.
Fra gli strumenti più diffusi per la valutazione della restrizione nella fascia del sottopeso e del normopeso vi sono l’EAT (nelle due versioni a 40 e a 26 item) e l’EDI nelle varie versioni (EDI, EDI-2 e EDI-3), entrambi proposti dal gruppo di Garner (p.e. 5).
Alcuni (6) considerano le interviste cliniche (strutturate e semi-strutturate) come “gold standard” per la valutazione di atteggiamenti e comportamenti restrittivi. Fra le interviste proposte la più usata è quella di Fairburn (7) in tutte le fasce di peso, da cui è stato anche desunto un questionario self-report: l’EDE-Q (8), la cui validità è stata documentata prevalentemente in termini di validità concorrente con l’intervista. Sempre all’intervista clinica di Fairburn (6) si ispira anche un questionario di Lombardo e colleghi (9), il DEQ (Disordered Eating Questionnaire), la cui correlazione con le scale dell’intervista clinica risulta superiore a 0.80.
Valutazioni critiche e commenti conclusivi. L’utilità e la validità della scale qui descritte sarà valutata tenendo conto di: a) quale criterio viene usato per la validazione dello strumento; b) qual è la precisione (p.e. sensibilità e specificità) dello strumento; c) quanto ciascuna misura effettivamente prevede una limitazione calorica nella dieta e/o lo status nutrizionale.
Le misure dirette di restrizione (TFEQ ed RS) sono state validate confrontando differenze fra pazienti con obesità e controlli e anche valutando quanto questi strumenti effettivamente prevedono una limitazione calorica. I questionari come le varie versioni di EAT ed EDI sono stati validati confrontando pazienti con AN o BN e controlli. Sono carenti, invece, le indicazioni riguardo la loro capacità di prevedere differenze nell’introito calorico. Il DEQ prevede differenze nel BMI ed ha una sensibilità ed una specificità anche maggiore dell’EAT-40 nel prevedere differenze fra pazienti con AN o BN e controlli.
Studi recenti, tuttavia, dimostrano che, quando si controlla l’introito calorico reale, risulta evidente che le misure di restrizione potrebbero non essere così sensibili, in particolare quando si cerca di prevedere i comportamenti e non gli atteggiamenti restrittivi.
Bibliografia.
1. Herman CP, Mack D (1975) “Restrained and unrestrained eating” Journal of Personality 43, 647–660.
2. Ricciardelli LA, McCabe MP (2001) “Children’s Body Image Concerns and Eating Disturbance: A Review of the Literature” Clinical Psychology Review 21, 325-344.
3. Vetrone P, Cuzzolaro M (1996) “La spinta a dimagrire in un gruppo di studentesse provenienti da famiglie di classi sociali medio-basse” Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza 63, 665-676.
4. Stunkard AJ, Messick S (1985) “The Three-Factor Eating Questionnaire to measure dietary restraint and hunger” Journal of Psychosomatic Research 29, 71–83.
5. Garner DM (1991) “Eating Disorder Inventory-2: Professional Manual” Odessa, FL, Psychological Assessment Resources.
6. Carter JC, Stewart DA, Fairburn CG (2001 “Eating Disorder Examination Questionnaire: Norms for young adolescent girls” Behav Res Ther 39, 625-632.
7. Fairburn CG, Cooper Z (1993) “The Eating Disorder Examination” In: Fairburn CG, Wilson TG Eds, Binge eating: Nature, Assessment and treatment (12th ed.), New York: Guilford Press.
8. Fairburn CG, Beglin SJ (1994) “The assessment of eating disorders: Interview or self-report questionnaire” Int J Eat Dis 16, 363–370.
9. Lombardo C, Russo PM, Lucidi F, Iani L, Violani C (2004) “Internal consistency, convergent validity and reliability of a brief Questionnaire on Disordered Eating (DEQ)” Eat Weight Disord 9, 91-98.