MS06.1.
Il counseling sistemico di sostegno alla genitorialità con un figlio con disturbi del comportamento alimentare (DCA)
SISDCA: Sezione Regionale Sicilia
Lanzarone C, D’Angelo R, Li Puma M, Notarbartolo L, Minì V, Bongiorno A
Premesse. Il presente lavoro ha lo scopo di mettere in evidenza come un pregresso lavoro di consulenza con la coppia genitoriale di pazienti affetti da DCA, ha come conseguenza un maggiore facilità nell’aggancio dei pazienti, e poi di una maggiore responsività di tutto il sistema famiglia, nella successiva presa in carico della famiglia per un percorso psicoterapeutico specifico. L’impatto con una diagnosi di DCA porta spesso entrambi i genitori,ma soprattutto le madri a chiedersi di chi sia la colpa, innescando vissuti di vergogna e di reciproca colpevolizzazione, che altro non produce se non un ulteriore ostacolo alla reale comprensione del disagio.
Conoscenze.Il counseling sistemico rivolto ai genitori di pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare (DCA) non ha essenzialmente obbiettivi clinici (formulazione diagnosi, cura di disturbi psichici), psicoterapici (cambiamenti in relazione alla presenza di sintomi psicopatologici) o pedagogici (apprendimento di regole, atteggiamenti o comportamenti). Esso ha invece come obbiettivo principale, quello di aiutare quel particolare sottosistema a rimettere in moto le energie necessarie per assolvere i suoi compiti di Sviluppo (1). Il lavoro è dunque orientato a far affrontare e superare alcune transizioni evolutive, con il relativo accomodamento dell’assetto relazionale tra le persone, i loro sistemi significativi ed i macrosistemi sociali. La possibilità di un confronto con un consulente che aiuti il superamento di posizioni pregiudiziali,cognitivamente ed emotivamente incongrue,permette di accedere a quella apertura imprescindibile per un’adeguata attivazione del sistema nella direzione del cambiamento.
Obiettivi. Nel caso specifico il counseling con questi genitori ha lo scopo di aiutare a comprendere le motivazioni e etiologia della crisi, che tutto il sistema familiare e non solo il figlio sta attraversando, orientando e fornendo informazioni utili alla gestione del difficile momento evolutivo.(2)
Le sedute in assetto di gruppo formato da genitori di pazienti affetti da anoressia e bulimia, sono essenzialmente mirate ad aumentare le competenze genitoriali e ad assurgerli al ruolo di co-terapeuti nella gestione del figlio. Inoltre si propone di incrementare le conoscenze sui DCA,sui fattori di mantenimento sintomatico,sulle dinamiche familiari e sui processi comunicativi.
Metodologia.Tendenzialmente nella fase iniziale del percorso di consulenza questi genitori sono caratterizzati da precise dinamiche relazionali e comunicazionali e sostenuti da un metacontesto di delega di cura, o di giudizio sul loro operato con richiesta di assoluzione o perfino di sabotaggio dell’eventuale presa in carico successiva del paziente. Presentano anche spesso false convinzioni ed errate credenze. E’possibile individuare tre fasi attraverso cui declinare l’azione consulenziale.
Una PRIMA FASE (Motivazionale) prevede degli incontri finalizzati ad analizzare le aspettative dei genitori rispetto al gruppo,oltre che i loro bisogni,idee,paure,stereotipi nei riguardi dei DCA. Analizzare eventuali perplessità relative allo “stare in gruppo”,esperienza che per molti può essere di per se stessa foriera di angosce di intrusione o abbandoniche.Condurre ad una visione del gruppo come risorsa,come contenitore protettivo e accrescitivo.
Una SECONDA FASE(Informativa)prevede la condivisione di conoscenze e informazioni sulle caratteristiche del Disturbo del Comportamento Alimentare:cosa siano l’Anoressia e la Bulimia;quali sono le possibili cause del comportamento sintomatico(Epidemiologia,Copioni Familiari,Senso del sintomo e possibili significati);quale la prognosi delle problematiche alimentari all’interno di un intervento multidisciplinare e multidimensionale.
Una TERZA FASE (Formativa)prevede attività di role playing,ovvero di simulazioni strutturate con i partecipanti su eventuali possibili esperienze di vita quotidiana particolarmente difficili e problematici da gestire.
Nella fattispecie si cerca di rispondere a domande del tipo:Come aiutare i nostri figli nel controllo del peso e nel monitoraggio del comportamento alimentare?Come possiamo consumare i pasti con loro senza peggiorare il senso di colpa e di responsabilità che si e ci sentiamo addosso?Se i nostri figli sanno di poter e vogliono farcela da soli che ruolo dovremmo assumere nella terapia?
Questa fase è quella che cerca di lavorare più sul piano emotivo-relazionale,calibrando gli interventi sul piano di un confronto che cerchi di sostenere e valorizzare i punti di forza della coppia genitoriale, che necessita di spazi e tempi elaborativi di un dolore tutt’altro che comprensibile. Con lo scopo di aumentare i livelli di decodifica del comportamento “bizzarro” della figlia si affrontano temi relativi all’Emotività Espressa presente(criticismo,ostilità,rabbia,ipercoinvolgimento emotivo,manifestazioni d’affetto e osservazioni positive),alla coerenza comunicativa,all’analisi del ruolo dei genitori nella famiglia(vita di coppia,regole della famiglia,livello di autonomia e fiducia dei singoli componenti).Si affronta la discussione sui Modelli della Comunicazione Interpersonale,punteggiando sulle caratteristiche della comunicazione inadeguata e sui risvolti emotivi, di auto ed eteropercezione all’interno del gruppo famiglia.
Vengono eseguite delle esercitazioni finalizzate a sondare la capacità di problem solving individuale e di coppia,evidenziando ridondanze comunicative e comportamentali coinvolte nel mantenimento del sintomo e della dinamica familiare disfunzionale. L’opportunità dell’esercitazione fornisce importanti dati al consulente, al gruppo e ai protagonisti stessi,insieme alla possibilità di auto-osservarsi e di osservare i passaggi cruciali che non consentono un’adeguata gestione della crisi,reiterando modalità relazionali nocive e produttrici di malessere. La simulazione dell’evento critico viene solitamente affrontato in piccoli gruppi così da incrementare il livello di compartecipazione emotiva dei diversi componenti,i quali diventano insostituibile polo di confronto e di ragionamento su nuovi modi di agire e di sentire senza tema di giudizio o colpevolizzazione. L’apprendimento di tecniche di gestione nuove e più efficaci consente di innalzare i livelli di autoefficacia ed autostima personali,con un benefico potenziamento della propria competenza genitoriale,con un conseguente miglioramento delle relazioni in generale.
Risultati. Le dieci sedute previste hanno avuto esiti positivi sia sulla presa in carico della paziente in assetto individuale, sia nella fase successiva di terapia familiare.
Conclusioni. Il counseling sistemico rivolto ai genitori di pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare rappresenta un passaggio operativo talvolta imprescindibile per avviare una presa in carico funzionale e rispettosa della molteplicità di dimensioni coinvolte dell’esordio e nel mantenimento di un disturbo così complesso. Il sottosistema genitoriale è il tassello nodale nell’assetto globale della famiglia psicosomatica e la valorizzazione di un tessuto di funzionamento sano,talvolta, non può non originare da un’efficace azione di consulenza.
Bibliografia.
1. Scabini E (2003) ”Psicologia dei legami familiari” Il Mulino
2. Onnis L (2010) ”Il tempo sospeso” Franco Angeli, Milano
3. Macdonald P, Murray J, Goddard E, Treasure J (2010) “Carer's experience and perceived effects of a skills based training programme for families of people with eating disorders: A qualitative study” Eur Eat Disord Rev Dec 28. [Epub ahead of print]
4. Gísladóttir M, Svavarsdóttir EK (2011) “Educational and support intervention to help families assist in the recovery of relatives with eating disorders” J Psychiatr Ment Health Nurs 18, 122-30.
Il counseling sistemico di sostegno alla genitorialità con un figlio con disturbi del comportamento alimentare (DCA)
SISDCA: Sezione Regionale Sicilia
Lanzarone C, D’Angelo R, Li Puma M, Notarbartolo L, Minì V, Bongiorno A
Premesse. Il presente lavoro ha lo scopo di mettere in evidenza come un pregresso lavoro di consulenza con la coppia genitoriale di pazienti affetti da DCA, ha come conseguenza un maggiore facilità nell’aggancio dei pazienti, e poi di una maggiore responsività di tutto il sistema famiglia, nella successiva presa in carico della famiglia per un percorso psicoterapeutico specifico. L’impatto con una diagnosi di DCA porta spesso entrambi i genitori,ma soprattutto le madri a chiedersi di chi sia la colpa, innescando vissuti di vergogna e di reciproca colpevolizzazione, che altro non produce se non un ulteriore ostacolo alla reale comprensione del disagio.
Conoscenze.Il counseling sistemico rivolto ai genitori di pazienti affetti da disturbi del comportamento alimentare (DCA) non ha essenzialmente obbiettivi clinici (formulazione diagnosi, cura di disturbi psichici), psicoterapici (cambiamenti in relazione alla presenza di sintomi psicopatologici) o pedagogici (apprendimento di regole, atteggiamenti o comportamenti). Esso ha invece come obbiettivo principale, quello di aiutare quel particolare sottosistema a rimettere in moto le energie necessarie per assolvere i suoi compiti di Sviluppo (1). Il lavoro è dunque orientato a far affrontare e superare alcune transizioni evolutive, con il relativo accomodamento dell’assetto relazionale tra le persone, i loro sistemi significativi ed i macrosistemi sociali. La possibilità di un confronto con un consulente che aiuti il superamento di posizioni pregiudiziali,cognitivamente ed emotivamente incongrue,permette di accedere a quella apertura imprescindibile per un’adeguata attivazione del sistema nella direzione del cambiamento.
Obiettivi. Nel caso specifico il counseling con questi genitori ha lo scopo di aiutare a comprendere le motivazioni e etiologia della crisi, che tutto il sistema familiare e non solo il figlio sta attraversando, orientando e fornendo informazioni utili alla gestione del difficile momento evolutivo.(2)
Le sedute in assetto di gruppo formato da genitori di pazienti affetti da anoressia e bulimia, sono essenzialmente mirate ad aumentare le competenze genitoriali e ad assurgerli al ruolo di co-terapeuti nella gestione del figlio. Inoltre si propone di incrementare le conoscenze sui DCA,sui fattori di mantenimento sintomatico,sulle dinamiche familiari e sui processi comunicativi.
Metodologia.Tendenzialmente nella fase iniziale del percorso di consulenza questi genitori sono caratterizzati da precise dinamiche relazionali e comunicazionali e sostenuti da un metacontesto di delega di cura, o di giudizio sul loro operato con richiesta di assoluzione o perfino di sabotaggio dell’eventuale presa in carico successiva del paziente. Presentano anche spesso false convinzioni ed errate credenze. E’possibile individuare tre fasi attraverso cui declinare l’azione consulenziale.
Una PRIMA FASE (Motivazionale) prevede degli incontri finalizzati ad analizzare le aspettative dei genitori rispetto al gruppo,oltre che i loro bisogni,idee,paure,stereotipi nei riguardi dei DCA. Analizzare eventuali perplessità relative allo “stare in gruppo”,esperienza che per molti può essere di per se stessa foriera di angosce di intrusione o abbandoniche.Condurre ad una visione del gruppo come risorsa,come contenitore protettivo e accrescitivo.
Una SECONDA FASE(Informativa)prevede la condivisione di conoscenze e informazioni sulle caratteristiche del Disturbo del Comportamento Alimentare:cosa siano l’Anoressia e la Bulimia;quali sono le possibili cause del comportamento sintomatico(Epidemiologia,Copioni Familiari,Senso del sintomo e possibili significati);quale la prognosi delle problematiche alimentari all’interno di un intervento multidisciplinare e multidimensionale.
Una TERZA FASE (Formativa)prevede attività di role playing,ovvero di simulazioni strutturate con i partecipanti su eventuali possibili esperienze di vita quotidiana particolarmente difficili e problematici da gestire.
Nella fattispecie si cerca di rispondere a domande del tipo:Come aiutare i nostri figli nel controllo del peso e nel monitoraggio del comportamento alimentare?Come possiamo consumare i pasti con loro senza peggiorare il senso di colpa e di responsabilità che si e ci sentiamo addosso?Se i nostri figli sanno di poter e vogliono farcela da soli che ruolo dovremmo assumere nella terapia?
Questa fase è quella che cerca di lavorare più sul piano emotivo-relazionale,calibrando gli interventi sul piano di un confronto che cerchi di sostenere e valorizzare i punti di forza della coppia genitoriale, che necessita di spazi e tempi elaborativi di un dolore tutt’altro che comprensibile. Con lo scopo di aumentare i livelli di decodifica del comportamento “bizzarro” della figlia si affrontano temi relativi all’Emotività Espressa presente(criticismo,ostilità,rabbia,ipercoinvolgimento emotivo,manifestazioni d’affetto e osservazioni positive),alla coerenza comunicativa,all’analisi del ruolo dei genitori nella famiglia(vita di coppia,regole della famiglia,livello di autonomia e fiducia dei singoli componenti).Si affronta la discussione sui Modelli della Comunicazione Interpersonale,punteggiando sulle caratteristiche della comunicazione inadeguata e sui risvolti emotivi, di auto ed eteropercezione all’interno del gruppo famiglia.
Vengono eseguite delle esercitazioni finalizzate a sondare la capacità di problem solving individuale e di coppia,evidenziando ridondanze comunicative e comportamentali coinvolte nel mantenimento del sintomo e della dinamica familiare disfunzionale. L’opportunità dell’esercitazione fornisce importanti dati al consulente, al gruppo e ai protagonisti stessi,insieme alla possibilità di auto-osservarsi e di osservare i passaggi cruciali che non consentono un’adeguata gestione della crisi,reiterando modalità relazionali nocive e produttrici di malessere. La simulazione dell’evento critico viene solitamente affrontato in piccoli gruppi così da incrementare il livello di compartecipazione emotiva dei diversi componenti,i quali diventano insostituibile polo di confronto e di ragionamento su nuovi modi di agire e di sentire senza tema di giudizio o colpevolizzazione. L’apprendimento di tecniche di gestione nuove e più efficaci consente di innalzare i livelli di autoefficacia ed autostima personali,con un benefico potenziamento della propria competenza genitoriale,con un conseguente miglioramento delle relazioni in generale.
Risultati. Le dieci sedute previste hanno avuto esiti positivi sia sulla presa in carico della paziente in assetto individuale, sia nella fase successiva di terapia familiare.
Conclusioni. Il counseling sistemico rivolto ai genitori di pazienti con Disturbi del Comportamento Alimentare rappresenta un passaggio operativo talvolta imprescindibile per avviare una presa in carico funzionale e rispettosa della molteplicità di dimensioni coinvolte dell’esordio e nel mantenimento di un disturbo così complesso. Il sottosistema genitoriale è il tassello nodale nell’assetto globale della famiglia psicosomatica e la valorizzazione di un tessuto di funzionamento sano,talvolta, non può non originare da un’efficace azione di consulenza.
Bibliografia.
1. Scabini E (2003) ”Psicologia dei legami familiari” Il Mulino
2. Onnis L (2010) ”Il tempo sospeso” Franco Angeli, Milano
3. Macdonald P, Murray J, Goddard E, Treasure J (2010) “Carer's experience and perceived effects of a skills based training programme for families of people with eating disorders: A qualitative study” Eur Eat Disord Rev Dec 28. [Epub ahead of print]
4. Gísladóttir M, Svavarsdóttir EK (2011) “Educational and support intervention to help families assist in the recovery of relatives with eating disorders” J Psychiatr Ment Health Nurs 18, 122-30.