MS06.4.
Centro Clinico “La cura del Girasole-Onlus”Roma
Strategie di arruolamento nel rifiuto delle cure in adolescenza. Le guerre di indipendenza: l’opposizione all’intervento nei DA in età evolutiva.
Montecchi F,Bufacchi C, Montecchi FR
Premesse. La fase dell’accoglienza è il momento più delicato dell’intervento, su cui poggia la buona riuscita di tutto il lavoro successivo.
Descrizione. Il percorso inizia dalla telefonata di un genitore nella cui gestione si pongono le basi del successivo intervanto. Molte di queste pazienti giungono in consultazione trascinate dai genitori la cui richiesta è centrata sul “fare” qualcosa: “fatela mangiare, non fatela morire, ecc.”.
Modalità di intervento. A questa richiesta, a cui corrisponde la netta opposizione della paziente, viene risposto con un apparente “non fare”, ma con un “osservare e pensare”. Questa risposta si differenzia dal linguaggio familiare e di alcuni medici: la prima proposta è quella di vedere cosa stia accadendo all’interno del corpo e delle emozioni della paziente, e cosa si stia verificando all’interno della famiglia. Quando si sarà osservato e obbiettivato ciò che avviene, se ne potrà discutere insieme decidendo poi se si deve o non si deve “fare” qualcosa pur rispettando il desiderio di essere magre si spiega che potrà essere “secca ma sana e contenta”.
Con la proposta di uscire dalla soggettivazione (dei genitori/della paziente) oggettivare la situazione il clinico si pone non come "braccio armato" della famiglia ma come terzo.
In questa specifica formulazione del progetto diagnostico è insita un’importante valenza terapeutica. La paziente e la famiglia sono spinti, per la prima volta a osservare e a occuparsi non solo dell’aspetto fisico esterno e del comportamento(alimentare), ma anche delle funzioni e dei bisogni che provengono dall’interno del corpo. Ma occuparsi della parte interna del corpo e delle sue funzioni biologiche diventa anche la metafora dell’attenzione rivolta a quel mondo interno emotivo, psichico della paziente e relazionale della famiglia, fino a quel momento misconosciuto.
Il processo Diagnostico. In questa fase iniziale di accoglienza, la proposta e la realizzazione del contratto diagnostico ha già in sé delle valenze terapeutiche che permettono alla paziente di confrontarsi con modalità di relazione differenti da quelli conosciute e di ricevere messaggi diversi dalle comunicazioni distorte su cui si è radicata la sua problematicità. Il processo diagnostico rappresenta in alcuni casi l’occasione per esplicitare problemi e angosce che non avevano trovato prima uno spazio per emergere, facendo sperimentare per la prima volta sia alla paziente, sia ai genitori l’accoglienza di questi loro vissuti. Aprendo all’interno dello spazio diagnostico un diverso ascolto della sofferenza di cui la paziente e la famiglia sono portatrici, è possibile porre le basi della successiva fase di trattamento. In questa fase iniziale si propone alla paziente di sottoporsi a un processo diagnostico, senza che venga effettuato alcun tipo intervento. L’intento è quello di raccogliere i risultati delle indagini biologiche e psicologiche e di discuterli poi con la paziente per riflettere insieme sull’opportunità di eventuali interventi e su come effettuarli.
Conclusioni. La fase dell’accoglienza è il momento più delicato dell’intervento, su cui poggia la buona riuscita di tutto il lavoro successivo. Oltre all’atteggiamento emotivo interno di accoglienza è necessario relazionarsi con la paziente in modo empatico ma non coinvolto, sufficientemente distante dal vortice emotivo ma non troppo lontano. È necessario che la sfida con la morte che questa patologia porta con sé non possegga anche il clinico, poiché in tal caso si verificherebbe una risposta collusiva alle angosce di morte presenti nel campo terapeutico, angosce che hanno origini lontane, essendo già presenti nelle fantasie di gravidanza della madre.
Bibliografia.
1. Montecchi F, Magnani M (1996) “Anoressia o Anoressie?” In: Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Rivista bimestrale 63, N. 6, Borla Ed, Roma
2. Montecchi F (2009) “Il cibo-mondo persecutore minaccioso” Franco Angeli, Milano
Centro Clinico “La cura del Girasole-Onlus”Roma
Strategie di arruolamento nel rifiuto delle cure in adolescenza. Le guerre di indipendenza: l’opposizione all’intervento nei DA in età evolutiva.
Montecchi F,Bufacchi C, Montecchi FR
Premesse. La fase dell’accoglienza è il momento più delicato dell’intervento, su cui poggia la buona riuscita di tutto il lavoro successivo.
Descrizione. Il percorso inizia dalla telefonata di un genitore nella cui gestione si pongono le basi del successivo intervanto. Molte di queste pazienti giungono in consultazione trascinate dai genitori la cui richiesta è centrata sul “fare” qualcosa: “fatela mangiare, non fatela morire, ecc.”.
Modalità di intervento. A questa richiesta, a cui corrisponde la netta opposizione della paziente, viene risposto con un apparente “non fare”, ma con un “osservare e pensare”. Questa risposta si differenzia dal linguaggio familiare e di alcuni medici: la prima proposta è quella di vedere cosa stia accadendo all’interno del corpo e delle emozioni della paziente, e cosa si stia verificando all’interno della famiglia. Quando si sarà osservato e obbiettivato ciò che avviene, se ne potrà discutere insieme decidendo poi se si deve o non si deve “fare” qualcosa pur rispettando il desiderio di essere magre si spiega che potrà essere “secca ma sana e contenta”.
Con la proposta di uscire dalla soggettivazione (dei genitori/della paziente) oggettivare la situazione il clinico si pone non come "braccio armato" della famiglia ma come terzo.
In questa specifica formulazione del progetto diagnostico è insita un’importante valenza terapeutica. La paziente e la famiglia sono spinti, per la prima volta a osservare e a occuparsi non solo dell’aspetto fisico esterno e del comportamento(alimentare), ma anche delle funzioni e dei bisogni che provengono dall’interno del corpo. Ma occuparsi della parte interna del corpo e delle sue funzioni biologiche diventa anche la metafora dell’attenzione rivolta a quel mondo interno emotivo, psichico della paziente e relazionale della famiglia, fino a quel momento misconosciuto.
Il processo Diagnostico. In questa fase iniziale di accoglienza, la proposta e la realizzazione del contratto diagnostico ha già in sé delle valenze terapeutiche che permettono alla paziente di confrontarsi con modalità di relazione differenti da quelli conosciute e di ricevere messaggi diversi dalle comunicazioni distorte su cui si è radicata la sua problematicità. Il processo diagnostico rappresenta in alcuni casi l’occasione per esplicitare problemi e angosce che non avevano trovato prima uno spazio per emergere, facendo sperimentare per la prima volta sia alla paziente, sia ai genitori l’accoglienza di questi loro vissuti. Aprendo all’interno dello spazio diagnostico un diverso ascolto della sofferenza di cui la paziente e la famiglia sono portatrici, è possibile porre le basi della successiva fase di trattamento. In questa fase iniziale si propone alla paziente di sottoporsi a un processo diagnostico, senza che venga effettuato alcun tipo intervento. L’intento è quello di raccogliere i risultati delle indagini biologiche e psicologiche e di discuterli poi con la paziente per riflettere insieme sull’opportunità di eventuali interventi e su come effettuarli.
Conclusioni. La fase dell’accoglienza è il momento più delicato dell’intervento, su cui poggia la buona riuscita di tutto il lavoro successivo. Oltre all’atteggiamento emotivo interno di accoglienza è necessario relazionarsi con la paziente in modo empatico ma non coinvolto, sufficientemente distante dal vortice emotivo ma non troppo lontano. È necessario che la sfida con la morte che questa patologia porta con sé non possegga anche il clinico, poiché in tal caso si verificherebbe una risposta collusiva alle angosce di morte presenti nel campo terapeutico, angosce che hanno origini lontane, essendo già presenti nelle fantasie di gravidanza della madre.
Bibliografia.
1. Montecchi F, Magnani M (1996) “Anoressia o Anoressie?” In: Psichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Rivista bimestrale 63, N. 6, Borla Ed, Roma
2. Montecchi F (2009) “Il cibo-mondo persecutore minaccioso” Franco Angeli, Milano