TR1.5
L’Educazione Terapeutica del Paziente (ETP) orientata all’Anoressia e alla Bulimia
- già Sapienza Università di Roma.
- ICR Villa delle Querce, Nemi - Editor-in-Chief di Eating and Weight Disorders. Studies on Anorexia Bulimia Obesity
Cuzzolaro M
Premesse.La psicoeducazione è stata proposta come componente maggiore del trattamento sia dell’anoressia nervosa che della bulimia nervosa quasi trent’anni fa da Garner e collaboratori (1). Dodici anni dopo, lo stesso David Garner ha dedicato al tema un capitolo dell’ottimo Handbook of treatment for eating disorders, curato insieme a Paul Garfinkel e pubblicato nel 1997 (2). Nell’educazione terapeutica rientrano, naturalmente, anche quegli interventi settoriali che vanno sotto il nome di counseling nutrizionale e di supervisione dell’attività fisica.
Obiettivi.Anzitutto, è opportuno delineare differenze e zone di sovrapposizione fra quattro concetti: educazione terapeutica, psico-educazione, intervista motivazionale e psicoterapia. In secondo luogo, può essere utile indicare i contenuti principali degli interventi psicoeducazionali nella cura di pazienti con anoressia nervosa e bulimia nervosa. Infine, vanno discussi usi e limiti delle procedure di educazione terapeutica.
Educazione terapeutica e psicoeducazione. L’educazione terapeutica (inglese therapeutic education), come pratica formalizzata, è nata in ambito psichiatrico nel 1911 quando Donley pubblicò, su The Journal of Abnormal Psychology, l’articolo Psychotherapy and re-education.
Gli interventi di educazione terapeutica sono diretti a pazienti con malattie croniche, psichiatriche (p.e. schizofrenia, disturbi dell’alimentazione) o mediche (p.e. diabete, celiachia) e ai loro familiari. L’assunto di base è: quanto più il paziente e i suoi familiari conoscono la malattia, tanto meglio possono gestirla e convivere con essa. Al concetto di educazione terapeutica si sovrappone, in gran parte, quello di psico-educazione (inglese psychoeducation) espressione comparsa però più tardi, agli inizi degli anni quaranta del novecento (3), per designare gli interventi educativi rivolti a persone affette da disturbi psichici. L’educazione terapeutica può contribuire a costruire e a rafforzare la motivazione alla cura e al cambiamento di comportamenti e abitudini di vita ma non va confusa con interventi terapeutici specifici e strutturati mirati a questo scopo (vedi p.e. l’intervista motivazionale, metodo terapeutico fondato sul modello transteoretico (4)). Analogamente, la psico-educazione affronta anche qualche aspetto della vita emotiva del paziente e/o dei suoi familiari e dei loro processi di pensiero ma è altro da una psicoterapia formalizzata secondo il modello psicanalitico, cognitivo-comportamentale o relazionale-sistemico.
Discussione.La conoscenza del contesto socio-culturale (offerta sovrabbondante di cibi ipercalorici e, insieme, idolatria della magrezza) che favorisce lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione è certamente utile alle persone affette da disturbi dell’alimentazione e ai loro familiari. E così la conoscenza dei meccanismi che regolano il metabolismo e il peso corporeo e, ancora, quella degli effetti biologici e psicologici della restrizione prolungata dell’introito calorico e della malnutrizione. Nella cura dei disturbi dell’alimentazione questo materiale psico-educativo ispira e sostiene le raccomandazioni che riguardano comportamento alimentare, cibo, peso e immagine del corpo. Informazioni corrette possono essere di qualche aiuto, soprattutto per alcuni pazienti. Ma nella maggior parte dei casi, il solco fra conoscenze razionali e processi inconsci pulsionali che presiedono alla formazione e al mantenimento dei sintomi non può essere colmato da semplici interventi psico-educativi. Un sorprendente lavoro di Virginia McIntosh e altri pubblicato qualche anno fa, offre ottimi spunti di riflessione (5).
Conclusioni.Gli interventi di tipo psico-educativo hanno un’utilità sufficientemente provata ma limitata nella cura dei disturbi dell’alimentazione. Non possono essere considerati un sostituto o un’alternativa rispetto a una lunga psicoterapia formalizzata.
Bibliografia.
1. Garner D, Rockert W, Olmsted M, Johnson C, Coscina D (1985) In: Garner D, Garfinkel P, editors. Handbook of psychotherapy for anorexia nervosa and bulimia. New York: The Guilford Press; p. 513-72.
2. Garner DM (1997) “Psychoeducational principles in treatment” In: Garner D, Garfinkel P, eds, Handbook of Treatment for Eating Disorders. New York, The Guilford Press p. 145-77.
3. Tomlinson BE (1941) “The psychoeducational clinic” New York, MacMillan
4. Prochaska J, Di Clemente C (1984) “The transtheoretical approach. Crossing traditional boundaries of therapy” Homewood, Il: Dow Jones/Irwin.
5. McIntosh VV, Jordan J, Carter FA, Luty SE, McKenzie JM, Bulik CM, et al (2005) “Three psychotherapies for anorexia nervosa: a randomized, controlled trial” Am J Psychiatry 162, 741-7.
L’Educazione Terapeutica del Paziente (ETP) orientata all’Anoressia e alla Bulimia
- già Sapienza Università di Roma.
- ICR Villa delle Querce, Nemi - Editor-in-Chief di Eating and Weight Disorders. Studies on Anorexia Bulimia Obesity
Cuzzolaro M
Premesse.La psicoeducazione è stata proposta come componente maggiore del trattamento sia dell’anoressia nervosa che della bulimia nervosa quasi trent’anni fa da Garner e collaboratori (1). Dodici anni dopo, lo stesso David Garner ha dedicato al tema un capitolo dell’ottimo Handbook of treatment for eating disorders, curato insieme a Paul Garfinkel e pubblicato nel 1997 (2). Nell’educazione terapeutica rientrano, naturalmente, anche quegli interventi settoriali che vanno sotto il nome di counseling nutrizionale e di supervisione dell’attività fisica.
Obiettivi.Anzitutto, è opportuno delineare differenze e zone di sovrapposizione fra quattro concetti: educazione terapeutica, psico-educazione, intervista motivazionale e psicoterapia. In secondo luogo, può essere utile indicare i contenuti principali degli interventi psicoeducazionali nella cura di pazienti con anoressia nervosa e bulimia nervosa. Infine, vanno discussi usi e limiti delle procedure di educazione terapeutica.
Educazione terapeutica e psicoeducazione. L’educazione terapeutica (inglese therapeutic education), come pratica formalizzata, è nata in ambito psichiatrico nel 1911 quando Donley pubblicò, su The Journal of Abnormal Psychology, l’articolo Psychotherapy and re-education.
Gli interventi di educazione terapeutica sono diretti a pazienti con malattie croniche, psichiatriche (p.e. schizofrenia, disturbi dell’alimentazione) o mediche (p.e. diabete, celiachia) e ai loro familiari. L’assunto di base è: quanto più il paziente e i suoi familiari conoscono la malattia, tanto meglio possono gestirla e convivere con essa. Al concetto di educazione terapeutica si sovrappone, in gran parte, quello di psico-educazione (inglese psychoeducation) espressione comparsa però più tardi, agli inizi degli anni quaranta del novecento (3), per designare gli interventi educativi rivolti a persone affette da disturbi psichici. L’educazione terapeutica può contribuire a costruire e a rafforzare la motivazione alla cura e al cambiamento di comportamenti e abitudini di vita ma non va confusa con interventi terapeutici specifici e strutturati mirati a questo scopo (vedi p.e. l’intervista motivazionale, metodo terapeutico fondato sul modello transteoretico (4)). Analogamente, la psico-educazione affronta anche qualche aspetto della vita emotiva del paziente e/o dei suoi familiari e dei loro processi di pensiero ma è altro da una psicoterapia formalizzata secondo il modello psicanalitico, cognitivo-comportamentale o relazionale-sistemico.
Discussione.La conoscenza del contesto socio-culturale (offerta sovrabbondante di cibi ipercalorici e, insieme, idolatria della magrezza) che favorisce lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione è certamente utile alle persone affette da disturbi dell’alimentazione e ai loro familiari. E così la conoscenza dei meccanismi che regolano il metabolismo e il peso corporeo e, ancora, quella degli effetti biologici e psicologici della restrizione prolungata dell’introito calorico e della malnutrizione. Nella cura dei disturbi dell’alimentazione questo materiale psico-educativo ispira e sostiene le raccomandazioni che riguardano comportamento alimentare, cibo, peso e immagine del corpo. Informazioni corrette possono essere di qualche aiuto, soprattutto per alcuni pazienti. Ma nella maggior parte dei casi, il solco fra conoscenze razionali e processi inconsci pulsionali che presiedono alla formazione e al mantenimento dei sintomi non può essere colmato da semplici interventi psico-educativi. Un sorprendente lavoro di Virginia McIntosh e altri pubblicato qualche anno fa, offre ottimi spunti di riflessione (5).
Conclusioni.Gli interventi di tipo psico-educativo hanno un’utilità sufficientemente provata ma limitata nella cura dei disturbi dell’alimentazione. Non possono essere considerati un sostituto o un’alternativa rispetto a una lunga psicoterapia formalizzata.
Bibliografia.
1. Garner D, Rockert W, Olmsted M, Johnson C, Coscina D (1985) In: Garner D, Garfinkel P, editors. Handbook of psychotherapy for anorexia nervosa and bulimia. New York: The Guilford Press; p. 513-72.
2. Garner DM (1997) “Psychoeducational principles in treatment” In: Garner D, Garfinkel P, eds, Handbook of Treatment for Eating Disorders. New York, The Guilford Press p. 145-77.
3. Tomlinson BE (1941) “The psychoeducational clinic” New York, MacMillan
4. Prochaska J, Di Clemente C (1984) “The transtheoretical approach. Crossing traditional boundaries of therapy” Homewood, Il: Dow Jones/Irwin.
5. McIntosh VV, Jordan J, Carter FA, Luty SE, McKenzie JM, Bulik CM, et al (2005) “Three psychotherapies for anorexia nervosa: a randomized, controlled trial” Am J Psychiatry 162, 741-7.