PD.02.PS.05
David M, Moreschini A, Lombardo C
Attentional bias per stimoli pertinenti con la sintomatologia in pazienti con disturbi dell’alimentazione
Dipartimento di Psicologia, Università di Roma Sapienza
Premesse. Gli stimoli emozionali riescono a catturare l’attenzione più velocemente rispetto a quelli neutri attraverso un processo che è stato considerato da alcuni come preattentivo e automatico (1). Questo fenomeno è stato denominato attentional bias per indicare il cambiamento nella direzione in cui una persona focalizza la propria attenzione in risposta ad uno stimolo saliente (2). La presenza di attentional bias verso stimoli connessi con la sintomatologia è stata riscontrata in molti disturbi, inclusi i disturbi dell’alimentazione (DA).
Obiettivi. Replicare, attraverso l’uso di un diverso paradigma, i risultati riscontrati in letteratura e valutare quale meccanismo viene attivato dai diversi stimoli usati, ovvero quelli che ritraggono corpi o parti del corpo e quelli che ritraggono cibi. A tal fine, riprendendo la letteratura sull’attentional bias nei disturbi d’ansia (3) sono stati manipolati i tempi di esposizione ipotizzando che tempi brevi (100ms) permettano di valutare processi automatici mentre tempi lunghi (1000ms) processi più controllati.
Aspetti metodologici. Sono stati confrontati i tempi di reazione (TR) di un gruppo di pazienti con DA (n 12) e di uno di controllo asintomatico (n 12) selezionato attraverso opportune procedure di screening. Sono stati scelti 5 blocchi di 12 foto di donne normopeso, donne estremamente sottopeso, donne obese, cibi ipocalorici e cibi ipercalorici. Gli stimoli sono stati presentati a destra o a sinistra di un punto di fissazione centrale contemporaneamente a stimoli neutri non connessi con la sintomatologia dei DA. Ciascuna coppia di stimoli era presentata per 100 e 1000 millisecondi. Compito del soggetto era indicare la posizione (a destra o a sinistra del punto di fissazione) di una piccola croce presentata immediatamente dopo la scomparsa delle immagini. L’ordine dei blocchi, i tempi di esposizione e la posizione della croce (congruente, ovvero nella stessa posizione dell’immagine pertinente con la sintomatologia o incongruente, ovvero nello spazio occupato dall’immagine neutra) sono stati controbilanciati tra i soggetti.
Risultati. Entrambi i gruppi davanti stimoli emotigeni si velocizzano rispetto a quelli neutri (F(5,105)=5,47;p<.001).In particolare, emerge una interazione significativa Gruppo x Tipo di stimolo x Tempi di esposizione x Tipo di prova (congruente vs incongruente)(F (4,88) =2,75; p<.05): per tempi di esposizione brevi, nelle prove incongruenti le pazienti sono più lente quando l’immagine ritrae corpi sottopeso (M=607,1;ds=165) e cibi ipercalorici (M=589;ds=128,8) rispetto a quelle relative alle stesse immagini nelle prove congruenti (M=576,3;ds=165 e M=564,3; ds=130,1). Per tempi di esposizione lunghi nelle prove congruenti le pazienti sono più lente davanti alle immagini relative a corpi sottopeso (M=568,7;ds=148,4) rispetto a quelle di corpi normopeso (M=533,4;ds=139,2), cibo ipocalorico (M=512,1; ds=132,1) e cibo ipercalorico (M=532;ds=107).
Discussione. Coerentemente con la letteratura, si è rilevata una maggiore lentezza dei TR nelle prove incongruenti rispetto a quelle congruenti, indicativa della maggiore difficoltà a concentrarsi sul compito una volta che l’attenzione è stata catturata dallo stimolo pertinente con i DA, e in particolare per le immagini relative al cibo ipercalorico e ai corpi sottopeso. Per tempi di esposizione lunghi, nelle prove congruenti, la minore velocità delle pazienti davanti alle immagini di corpi sottopeso potrebbe essere determinata da risposte più controllate di evitamento cognitivo che ostacola il compito dirottando l’attenzione verso lo stimolo neutro.
Conclusioni. Anche nel caso dei DA, prevedendo due tempi di esposizione è possibile valutare processi automatici e controllati. L’assenza di una netta differenza tra i gruppi per tempi brevi potrebbe essere dovuta al fatto che siano costituiti da sole donne tra cui non c’è differenza nell’insoddisfazione corporea espressa, perciò gli stimoli utilizzati risultano emotigeni per tutte le partecipanti. Obietti futuro sarà incrementare il numero delle partecipanti dividendo il gruppo delle pazienti in sottogruppi omogenei in base alla diagnosi, come indicato in letteratura da cui emerge come pazienti con diagnosi diversa rispondano in maniera differente agli stessi stimoli.
Bibliografia.
(1) Ohman A, Flykt A, Esteves F (2001) Emotion drives attention: Detecting the snake in the grass. J Exp Psychol Gen 3: 466-478.
(2) Williamson JMG, Watt FN, MacLeod C, Mathews, A (1988) Cognitive psychology and emotional disorders, Chichester, Wiley.
(3) Bradley BP, Mogg K, Falla SJ, Hamilton LR (1998) Attentional bias for threatening facial expression in axiety: manipulation of stimulus duration. Cogn Emot 12: 737-753.
David M, Moreschini A, Lombardo C
Attentional bias per stimoli pertinenti con la sintomatologia in pazienti con disturbi dell’alimentazione
Dipartimento di Psicologia, Università di Roma Sapienza
Premesse. Gli stimoli emozionali riescono a catturare l’attenzione più velocemente rispetto a quelli neutri attraverso un processo che è stato considerato da alcuni come preattentivo e automatico (1). Questo fenomeno è stato denominato attentional bias per indicare il cambiamento nella direzione in cui una persona focalizza la propria attenzione in risposta ad uno stimolo saliente (2). La presenza di attentional bias verso stimoli connessi con la sintomatologia è stata riscontrata in molti disturbi, inclusi i disturbi dell’alimentazione (DA).
Obiettivi. Replicare, attraverso l’uso di un diverso paradigma, i risultati riscontrati in letteratura e valutare quale meccanismo viene attivato dai diversi stimoli usati, ovvero quelli che ritraggono corpi o parti del corpo e quelli che ritraggono cibi. A tal fine, riprendendo la letteratura sull’attentional bias nei disturbi d’ansia (3) sono stati manipolati i tempi di esposizione ipotizzando che tempi brevi (100ms) permettano di valutare processi automatici mentre tempi lunghi (1000ms) processi più controllati.
Aspetti metodologici. Sono stati confrontati i tempi di reazione (TR) di un gruppo di pazienti con DA (n 12) e di uno di controllo asintomatico (n 12) selezionato attraverso opportune procedure di screening. Sono stati scelti 5 blocchi di 12 foto di donne normopeso, donne estremamente sottopeso, donne obese, cibi ipocalorici e cibi ipercalorici. Gli stimoli sono stati presentati a destra o a sinistra di un punto di fissazione centrale contemporaneamente a stimoli neutri non connessi con la sintomatologia dei DA. Ciascuna coppia di stimoli era presentata per 100 e 1000 millisecondi. Compito del soggetto era indicare la posizione (a destra o a sinistra del punto di fissazione) di una piccola croce presentata immediatamente dopo la scomparsa delle immagini. L’ordine dei blocchi, i tempi di esposizione e la posizione della croce (congruente, ovvero nella stessa posizione dell’immagine pertinente con la sintomatologia o incongruente, ovvero nello spazio occupato dall’immagine neutra) sono stati controbilanciati tra i soggetti.
Risultati. Entrambi i gruppi davanti stimoli emotigeni si velocizzano rispetto a quelli neutri (F(5,105)=5,47;p<.001).In particolare, emerge una interazione significativa Gruppo x Tipo di stimolo x Tempi di esposizione x Tipo di prova (congruente vs incongruente)(F (4,88) =2,75; p<.05): per tempi di esposizione brevi, nelle prove incongruenti le pazienti sono più lente quando l’immagine ritrae corpi sottopeso (M=607,1;ds=165) e cibi ipercalorici (M=589;ds=128,8) rispetto a quelle relative alle stesse immagini nelle prove congruenti (M=576,3;ds=165 e M=564,3; ds=130,1). Per tempi di esposizione lunghi nelle prove congruenti le pazienti sono più lente davanti alle immagini relative a corpi sottopeso (M=568,7;ds=148,4) rispetto a quelle di corpi normopeso (M=533,4;ds=139,2), cibo ipocalorico (M=512,1; ds=132,1) e cibo ipercalorico (M=532;ds=107).
Discussione. Coerentemente con la letteratura, si è rilevata una maggiore lentezza dei TR nelle prove incongruenti rispetto a quelle congruenti, indicativa della maggiore difficoltà a concentrarsi sul compito una volta che l’attenzione è stata catturata dallo stimolo pertinente con i DA, e in particolare per le immagini relative al cibo ipercalorico e ai corpi sottopeso. Per tempi di esposizione lunghi, nelle prove congruenti, la minore velocità delle pazienti davanti alle immagini di corpi sottopeso potrebbe essere determinata da risposte più controllate di evitamento cognitivo che ostacola il compito dirottando l’attenzione verso lo stimolo neutro.
Conclusioni. Anche nel caso dei DA, prevedendo due tempi di esposizione è possibile valutare processi automatici e controllati. L’assenza di una netta differenza tra i gruppi per tempi brevi potrebbe essere dovuta al fatto che siano costituiti da sole donne tra cui non c’è differenza nell’insoddisfazione corporea espressa, perciò gli stimoli utilizzati risultano emotigeni per tutte le partecipanti. Obietti futuro sarà incrementare il numero delle partecipanti dividendo il gruppo delle pazienti in sottogruppi omogenei in base alla diagnosi, come indicato in letteratura da cui emerge come pazienti con diagnosi diversa rispondano in maniera differente agli stessi stimoli.
Bibliografia.
(1) Ohman A, Flykt A, Esteves F (2001) Emotion drives attention: Detecting the snake in the grass. J Exp Psychol Gen 3: 466-478.
(2) Williamson JMG, Watt FN, MacLeod C, Mathews, A (1988) Cognitive psychology and emotional disorders, Chichester, Wiley.
(3) Bradley BP, Mogg K, Falla SJ, Hamilton LR (1998) Attentional bias for threatening facial expression in axiety: manipulation of stimulus duration. Cogn Emot 12: 737-753.